mercoledì 20 febbraio 2013

L'ASCESA DEL GRILLO RAMPANTE.

Grillo ha riempito piazza Duomo a Milano. E venerdì riempirà sicuramente anche piazza San Giovanni a Roma. Il Movimento 5 Stelle è una grande novità nel panorama politico italiano,  come lo era stato Forza Italia nel 1994. Il Cavaliere ha vinto le elezioni in tempi in cui la tv era il mezzo di informazione predominante. E la stessa televisione decreterà la sua fine. Oggi conta davvero poco. La rete è il medium più utilizzato, non solo dai giovani. Nella società contemporanea, proprio vero, il medium è il messaggio. 

Grillo sa utilizzare benissimo i nuovi strumenti. Per questo riempirà le piazze, ma lui, come il Caimano, rappresenta ancora una volta un'Italia sognatrice, incapace di guardare in faccia ai reali problemi del paese. O meglio i problemi da risolvere sono tutti accennati nel programma elettorale, ma non sono diversi da quelli presentati dal Pd o dalla Lista Civica di Monti. Μolti di questi poi sono stati anche dibattuti dall'attuale premier. Abolizione delle province, abolizione della pensione per i parlamentari che hanno due anni e e mezzo di mandato, referendum sia abrogativi che propositivi senza quorum. Grillo propone un'importante novità però: rendere note le leggi tre mesi prima della loro proposta in Parlamento. Per il settore dell'energia, il Movimento promuove risorse rinnovabili e risparmio energetico. Altro deja vu. 

Per quanto riguarda l'informazione, già si è dibattuto ampiamente, ed è nei programmi elettorali degli altri schieramenti, la legge sul conflitto d'interessi: nessun privato può ottenere più del 10 % delle emittenti televisive e di giornali; Grillo propone poi anche copertura wi-fi a livello nazionale, proprio per meglio promuovere il web a scapito dei vecchi medium. Non ha spiegato da dove prenderà i fondi.  Nella sezione 1 del suo programma si legge: approvazione di ogni legge subordinata alla effettiva copertura finanziaria. Questo punto è  già ampiamente contemplato nella Costituzione (art. 81). Grillo, inoltre, dimentica che Telecom e Wind possiedono ancora il monopolio a livello di reti internet. Importante puntare sulle leggi antitrust.  Infatti un altro punto del programma dei grillini è: scardinare  monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, ENI, ENEL, Mediaset, Ferrovie dello Stato. E' possibile farlo, non lo metto in dubbio. 

Il Movimento 5 Stelle non è però il primo che vuole leggi antitrust, e su questo argomento la competenza del candidato Pd sembra già acclarata. Pierluigi Bersani, già nel governo Prodi II, ha dato un forte impulso alle liberalizzazioni. Non ha potuto fare di più, perché la legislatura in questione è durata poco, e la maggioranza in Senato era fin troppo risicata per il centro-sinistra. Non è poi per niente semplice prendere provvedimenti decisi in questa direzione in Italia: il nostro Paese da sempre è governato da lobby e caste. Le riforme in questo ambito sono possibili, ma in maniera graduale. Non commento le sezioni che mirano allo sviluppo di sanità e trasporti, di cui si dibatte da perlomeno quarant'anni. 

Grillo è un entertainer e uno showman, ed è un comico, per questo ricorda quello che lui chiama lo psiconano. A differenza sua, è una persona onesta, ha costruito un movimento dal basso, non ha mai ottenuto favori e privilegi dalla classe politica. Il Caimano invece, prima di entrare in politica, già era ampiamente colluso con mafia e con una classe politica totalmente corrotta. Il Caimano controllava le televisioni in regime di monopolio. 

Grillo ha costruito un sito promuovendolo autonomamente, con le idee e con il suo sarcasmo. Il Movimento 5 Stelle ha poi molti sostenitori di un'utopia totalmente rivoluzionaria. Molti delusi, che nel 1994 votarono l'ex-premier. Ma anche delusi dalle precedenti coalizioni di centro-sinistra. Gli ultimi sondaggi davano Grillo attorno al 15 %. Io penso che potrà anche raggiungere il 20 % in questi giorni. Grillo può essere una risorsa e sottrarre voti alla base elettorale del Pdl, il più debole dei vecchi partiti. Può sensibilizzare l'attuale classe politica ed anche i probabili vincitori delle elezioni (il trio Bersani-Monti-Vendola) su temi importanti. Ma in quanto ad effetti pratici, il Movimento non potrà mettere in atto neanche il 50 % del proprio programma. In 2 anni Grillo dice che cambierà il paese, ma io penso che nel 2015 avrà già dissipato, salvo imprevisti, il suo consenso. Ma in questi giorni la voce di Grillo è un lamento che non può rimanere inascoltato: il prossimo governo non accentui la frattura tra Paese e Palazzo. 

Marco Di Caprio

giovedì 7 febbraio 2013

DERIVA ANTISOCIALISTA. ANALISI A TRE SETTIMANE DAL VOTO.

Monti invita Bersani a fare "scelte nel suo polo". Il leader di Scelta civica sembra non approvare il programma della coalizione di centrosinistra, che per molti versi è identico al suo. I centristi criticano la Cgil e Nichi Vendola in una versione meno rozza della retorica anticomunista che favorì l'irresistibile ascesa di Berlusconi. Questo scrive Barbara Spinelli sulla Repubblica di ieri 6 febbraio. Monti è stato protagonista di una salita in campo per rinnovare il suo impegno con gli italiani. Ha imposto rigore in ambito di finanza pubblica. Ha approvato un decreto sulle liberalizzazioni. Il decreto sul pareggio di bilancio. Il governo Monti è stato anche protagonista di una politica europeista convinta ed ha proposto l'approvazione di una Tobin Tax per quanto concerne il mercato finanziario europeo. 

Ora il senso di responsabilità del premier deve andare oltre. L'alleanza con il Pd è un patto imprescindibile per la crescita di questo Paese. Monti stima De Gasperi e per questo deve prendere il suo esempio, fare ciò che è più giusto per il Paese al momento. I centristi devono accettare un'alleanza con il centrosinistra a tutti i costi, e soprattutto una politica di maggiore giustizia sociale e di una più equa distribuzione delle risorse. Tutto questo perché probabilmente dovranno assicurare la maggioranza ad un centrosinistra che non potrà governare da solo. Il prossimo governo nato da questo strano connubio dovrà fare di tutto per rilanciare il potere d'acquisto del ceto medio. 

 Monti non può mettere però fuori dalla trattativa Nichi Vendola. Sel infatti viaggia verso il 6% di consensi: è una risorsa importante per la vittoria di Bersani, sia da un punto di vista numerico, sia da un punto di vista prettamente politico. Sinistra e Libertà è uno schieramento molto attivo verso il sociale ed una risorsa per il Paese. Monti fa un grave errore quando afferma di volere un'epurazione dell'ala più estrema, che poi tanto estrema non è. Alcune affermazioni dell'attuale premier sono state di maggiore estremismo. Monti è colui che ha parlato in estate di un governo che deve guidare per mano il Parlamento. E' colui che ha parlato di un mancato investimento da parte degli stranieri in Italia, proprio per l'esistenza dell'articolo 18. Io suggerirei al Presidente del Consiglio che, invece, la finanza internazionale ha poca fiducia di noi perché non abbiamo norme adeguate contro la corruzione. Bisogna fare una legge ad hoc per questo problema. Monti aveva anche tentato di vararla, ma è stato frenato da Berlusconi. E forse avrebbe fatto meglio ad approvarla, rischiando di cadere su quella piuttosto che rischiare la sfiducia questo dicembre. 

Mario Monti ha anche vergognosamente parlato di un Pd fondato nel 1921, anno della fondazione in realtà dell'ex-Pci. Sicuramente il Pd discende dal Partito Comunista, ma non è di certo paragonabile, in negativo, a quello di cui Togliatti era segretario; e nemmeno, in positivo, a quello di Berlinguer, che ancora era in contatto con i Sovietici, nonostante il suo segretario fosse un illuminato, progressista e allo stesso tempo moderato, uomo di puri valori. Monti ha parlato, in questo caso, davvero come un "Berlusconi con il loden", e lo dico citando Bersani. Ora veniamo al punto. Qual è il senso dello scambio di accuse tra Monti e Bersani? Cui prodest? Forse è un gioco delle parti, una commedia per rubare la scena politica al nemico comune. Ma visto che i due per governare quasi sicuramente dovranno allearsi, come tutti gli italiani sanno, forse non è meglio spostare il dibattito sul programma elettorale, svelandone le comuni affinità ed i punti di forza? 

Adesso purtroppo torno a parlare dell'ex-premier, quello lì di cui preferisco non pronunciare il nome. Ormai lui è finito. Ma i suoi avversari non possono concedersi il lusso di dargli altro spazio. Basta poco per metterlo definitivamente fuori gioco. I sondaggi più ottimisti per loro sono del 5 febbraio, e li fornisce Datamonitor. Alla Camera dei deputati, la coalizione di Bersani è al 33,6 % mentre la coalizione di centrodestra è al 28,4 %. Cinque cinque punti in meno. Ciò è da confrontare con il sondaggio di IPR Marketing, che porta lo schieramento dell'ex-premier al 28,6% mentre la coalizione di Bersani al 34,7%. Sei punti di differenza, cioè un abisso. 

L'ex-premier potrebbe contare qualcosa vincendo al Senato, dove il premio di maggioranza è su scala regionale. E lì per vincere dovrà conquistare la Lombardia in primis, ma anche la Campania e la Sicilia. Attualmente non ne vedo la possibilità. In Lombardia è ancora possibile una vittoria del centro-destra. Secondo il sondaggio di ieri 6 febbraio condotto da IPR Marketing, Bersani è al 34 % mentre l'ex-premier è al 33%, quindi solo un punto li divide. In Campania il centrodestra è indietro di tre punti. In Sicilia è avanti di un punto, al 34 % contro il 33% del centrosinistra. Nella migliore delle ipotesi, se l'ex-premier espugnasse le tre regioni in bilico, Pd e Sel non potrebbero mai ottenere una maggioranza al Senato, neanche alleandosi con il Centro montiano. Ma il Cavaliere non potrebbe governare comunque, non avendo la maggioranza alla Camera, e sarebbe costretto ad un governo di grande coalizione, di cui non potrebbe mai essere presidente del Consiglio. 

L'ex-premier ha poi, secondo me, sbagliato la campagna elettorale. In realtà le sue promesse utopiche sono sempre le stesse, e non da queste dipende il risultato della sua coalizione alle urne. Il problema è il medium. E in questo caso il medium non è il messaggio. Il Cavaliere cinque anni fa ha vinto le elezioni non solo perché non aveva un crisi economica da fronteggiare, ma soprattutto perché aveva ancora un'Italia dedita alla fruizione di contenuti televisivi. Oggi pochissimi guardano la tv generalista. E meno ancora i giovani. Tutti invece utilizzano Facebook, Twitter e YouTube. E' vero che l'ex-premier non potrebbe controllare queste compagnie americane, così come ha potuto fare per la tv finora. Ma perché non puntare sulla pubblicità tramite internet? Ho visto finora pochissime suoi spot in rete. Il Cavaliere è uno dei più ricchi d'Italia, ma ha scelto nuovamente di promuovere il suo movimento politico in tv. Al contrario il Pd e Monti comunicano con i loro elettori quasi esclusivamente tramite il web. Ed anche per questo, da un punto di vista mediatico, sono molto più credibili.

La morte del medium tv è la tomba stessa del Caimano. Ma il Pd e Monti hanno una grande responsabilità entrambi, di non resuscitare un morto. E l'unico modo per farlo è fare insieme, dopo le elezioni, una politica sociale che sconfigga la demagogia. I centristi devono ben tenerlo in mente. Altrimenti questa deriva antisocialista sarà la deriva dell'Italia. 

 Marco Di Caprio.