mercoledì 27 novembre 2013

#DecadenzaBerlusconi E' MORTO SILVIO, VIVA SILVIO.

Silvio è decaduto. Sono per le strade del centro di Roma in un pomeriggio grigio e ovattato da colori sbiaditi. La manifestazione davanti a Palazzo Grazioli è surreale: tanti vecchi, tanti che hanno paura del cambiamento, di un'Italia avulsa dalla corruzione politica e mediatica di vent'anni di berlusconismo. Imagine... immaginiamoci un'Italia senza Silvio Berlusconi. Marco Travaglio, durante la più celebre puntata di Servizio Pubblico, si domandava come sarebbe stata bella, pulita, prospera, ricca e presentabile l'Italia se Silvio avesse speso tutte le sue energie politiche e mediatiche poco in meno per se stesso e poco più per il Paese. 

Silvio non ha speso il suo tempo non per combattere mafie, evasioni e corruzioni ma per opporsi a chi combatteva le mafie, le evasioni e le corruzioni. Se Silvio sta per decadere, è solamente colpa sua. E' una nemesi storica quella che si presenta a lui, e forse non è ancora abbastanza per ripagarci dei suoi danni. Νon penso sia opportuno ripercorrere ciò che è successo in questi venti anni di berlusconismo, ma cercare di capire perché è successo tutto questo. Se è successo, un motivo ci sarà. Se è successo, la società e la politica italiana non hanno saputo offrire una vera alternativa a Berlusconi. Questo è ancora più grave. 

Se Berlusconi è ancora leader di una parte politica abbastanza consistente, la colpa ricada maggiormente su chi gliel'ha permesso. Silvio è la peggiore realizzazione del sistema corrotto, clientelare e poco meritocratico di cui l'Italia dispone. E questo sistema è ancora in piedi e sta impoverendo il Paese. Se Berlusconi è decaduto, con lui sta per decadere anche l'Italia. Le corruzioni e le mafie che lo hanno portato al potere sono e purtroppo - per quanto mi risulta - saranno ancora in piedi, proprio come quando muore un papa, se ne fa un altro. E' morto il re, viva il re. E' morto Silvio, viva Silvio.

Marco Di Caprio.   

giovedì 21 novembre 2013

Perché non sono d’accordo con Domenico Naso de “Il fatto quotidiano” a proposito di #Gazebo.


Leggo con interesse la critica che il giornalista televisivo de “Il Fatto” ha pubblicato circa il format “Gazebo” in onda il martedì, mercoledì e giovedì in seconda serata su Rai3. Premetto onestamente, che seguivo Zoro solamente in “Parla con lei”, rimanendo rapita dai video sulle diverse anime del Pd. Quindi salvo il Blog di Diego Bianchi e questi passati esperimenti televisivi, non posso fare un confronto a 360°: ma proprio per questo la mia testimonianza potrebbe essere maggiormente valida.

Il titolo di Domenico Naso già esordisce con un paragone che forse, tranne la fascia oraria, non regge: Gazebo come Porta a Porta ma di sinistra. Porta a porta è tutt’altra cosa: nello studio di Vespa sono invitati esponenti politici e il vero fulcro è il talk show politico, che ospitò un tempo anche Berlusconi e Prodi. In Gazebo non c’è alcun talk show: non si assiste all’accavallarsi di voci, di discorsi, di scontri verbali e non. Il format di Bianchi, Salerno, Sofi, D’Ambrosio (in arte Makkox), non nasce dal gusto per il diverbio improvvisato ma nasce come un giornale televisivo, per chi non l’avesse capito. E’ una testata giornalistica, con tanto di vignetta satirica (al posto di Altan): c’è spazio per il reportage, per l’indagine che potrebbe sembrare distorta e grottesca ma che rivela quanto sia paradossalmente reale (Mirko Matteucci: e posso testimoniare che la fauna che tocca tangenzialmente i vari taxi rappresenta un campionario variopinto e quanto mai ideale del paese, sia con una visione interna proveniente dalle varie Italie, sia con una visione esterna proveniente dall’Estero), c’è posto per un commento pacato, irriverente ma non troppo, veritiero ma mai pregno di quell’autocommiserazione rasente il suicidio di cui il M5S tanto taccia il PD: una trasmissione garbata, la definirei. Forse lontana dall’ANTI-garbo e intemperanza cui siamo stati abituati dalle ultime elezioni. Certo, i simbolismi, le ironie e i significati lasciati all’intelligenza dello spettatore non possono essere capiti da tutti ma ecco, io vengo da Viterbo, in realtà da un paesino della provincia di Viterbo e posso dire che mi piacciono, mi coinvolgono perché riescono a dissacrare senza inveire o mandare a cagare per forza.

Altra punta di diamante oltre Makkox e i reportage, sono le social top ten di cui, proprio gli accaniti sostenitori della democrazia liquida, dovrebbero riconoscerne l’importanza e presente e futura. Non solo per la potenza mediatica ma soprattutto per la contropartita e il lato oscuro del tweet: l’incapacità comunicativa, il lapsus, la coerenza si manifesta in maniera patente nel cinguettio lanciato. A volte più che un cinguettio un vero e proprio latrato cacofonico.


Infine proprio la seconda serata assicura al programma quel tanto di protezione necessaria: se fosse stata una prima serata sarebbe stata azzardata, ma la seconda serata fa sì che gli aficionados, gli ironici e sagaci possano lottare con la loro narcolessia pur di assistere alla politica in&out dei Palazzi. Questo programma è nato così, come interazione di media, come osmosi della comunicazione ed è potenzialmente una bomba mediatica: sta ai produttori mantenere questo tenore sempre alto e non disattendere quei fedelissimi che stanno sempre diventando più numerosi, precettati dalle battute salaci di Zoro non solo a Roma ma pian piano anche nelle altre Italie. E se si contesta il personaggio di Diego Bianchi bisogna anche vedere che il programma è basato su di lui, sulle sue idee ma anche su altre anime che rendono la trasmissione una testata giornalistica polifonica con tanto di intrattenimento culturale dato dalla musica di Angelini. Il reportage è Zoro, la cornice ha essenzialità solo nel momento in cui si hanno i cammei delle varie anime che spuntano nella trasmissione straniandone i punti di vista, accolti come arricchimento e non come diversità estranea. 
Miriam Di Carlo

martedì 19 novembre 2013

A WORLD TURNED UPSIDE DOWN: TODAY'S ITALY

In Italy, it's almost impossible for young people to find a job right after their bachelor. Although it's quite hard to explain all the reasons, basically Italian society is still corporation-based, which locks down the market and limit flexibility. Upper Classes are crowded by lawyers and judges, old officers and old bureaucrats. Those people applied their jobs by admission tests in which corruption and nepotism are the only rules; Doctors have a good social status, but they are not interested in research, as it doesn't play a main role into the academic tissue and wages are low.

Italian society is based on patronage: if you want to take a good job and live a good life, you don't need any professional requirement but you have only to find someone who will help you. Politics is everywhere, in every aspect of public life. Hard work and training are not able to make you respectable: you have to become a politician to gain respect. Italians vote parties but they can't choose the candidates who are placed in the Parliament by lobbies. Corruption is everywhere, even in culture: if you want to become a researcher, you have to spend the rest of your life as servant of old professors. And perhaps you will not obtain a good job as well. If you are lucky, maybe you will be associate professor at 60. It does not matter if you make good researches: no one will check your work. In the Italian Universities productivity bonuses don't exist and careless professors are not fired by anyone. 

Masters and professional courses are for the Upper Classes. If you are not a member of high class society, you will not enter those courses even if you have enough money for them: you won't often pass the admission test. Italian school system is not bad: students learn many subjects at their Universities. The curricula provide abstractive knowledge to students, but they still lack training for workplace. The degree is not so important in Italy for work experience. If you have just taken a degree you won't find a job so easily. Not graduated people find better jobs and can earn much more money. If you have a job in the public administration you will be rewarded only for seniority and for old ideas rather than for youthness and new ideas. Trade is overtaxed for one main reason: the government puts high taxes on companies to decrease the national debt caused by corruption. Many companies don't pay taxes because they help politicians with their dirty businesses. The lack of taxes income leads national debt every year.

I took a Bachelor degree in European Literatures and Linguistics and I took a M.A. degree in Italian studies. I guess will move from Italy to find a good and rewarding job. Our beloved Italy rewards mafia, corruption and leisure against hard work, study and research. Italy is the country where everything is possible, in a negative way. Italy is a world turned upside down.     

Marco DiCaprio

GIOVANI SENZA LAVORO: IL NASTRO DI MOEBIUS SI RIAVVOLGE.

Il mercato del lavoro in Italia è stagnante. Troppe barriere all'ingresso per i giovani inoccupati che cercano un'esperienza lavorativa. Vorrei innanzitutto spiegare poiché secondo me i giovani trovano difficilmente impiego. La società italiana è formata da caste e corporazioni, che ricordano l'India o forse l'età dei Comuni e delle Signorie. La classe dirigente del paese è vecchia, formata da avvocati, funzionari statali e burocrati. Molti di questi sono stati reclutati tramite concorsi pubblici, spesso truccati e pilotati. I medici possono avere un'ottima posizione sociale, ma non se sono ricercatori. La classe dirigente del Paese non è interessata a promuovere la ricerca, poiché individui pensanti sono pericolosi nel mantimento dello status quo.

La società italiana è retta da un forte clientelismo: se vuoi ottenere una buona posizione economica e sociale, devi trovare qualcuno che ti sponsorizzi. La politica è dovunque conta molto di più che nel resto d'Europa: chi se ne occupa può controllare i meccanismi della macchina burocratica e piegarla a proprio favore. Il duro lavoro e la preparazione culturale non sono mezzi di elevazione sociale validi quanto la politica. La corruzione è ovunque, anche nell'ambito culturale. Se vuoi fare ricerca universitaria devi trovare un professore che possa porti sotto la propria ala protettiva: in qualunque ateneo del mondo è necessario trovare un referente per il proprio lavoro, ma in Italia il fenomeno implica fedeltà e lealtà assoluta a questa persona. Se riesci a entrare in questo sistema, non conta che tipo di ricerca produrrai e quanto sarai competitivo: non esiste un sistema che premi la qualità della produzione di carattere scientifico.

I master e i corsi di alta formazione sono a numero chiuso: non tutti hanno diritto a fruirne, neanche coloro che pagano un'ingente somma, ma solo coloro che sono figli e nipoti dell'élite del Paese. Il sistema scolastico italiano rimane di elevatissima qualità: i giovani italiani sono molto preparati: in qualunque altro Paese emigrino i ricercatori trovano fortuna abbastanza facilmente. La cultura non è condizione necessaria e sufficiente per riuscire a ottenere successo da un punto di vista lavorativo: possedere una laurea non è così importante, anzi è stato appurato che nel mercato italiano del lavoro è più avvantaggiato chi non la possiede. La ricchezza prodotta dalla nazione non viene da ricerca, sviluppo e crescita.Il settore pubblico premia maggiormente l'anzianità piuttosto che la giovane età e le nuove idee dei propri dipendenti. Il settore privato è imbrigliato dalla burocrazia e dalle tasse. Inoltre è connivente alla corruzione del settore pubblico, poiché necessita di protezione politica per poter operare.

Io personalmente già so che purtroppo dovrò lasciare l'Italia per poter aspirare a un lavoro dignitoso e gratificante. La nostra amata Italia, che premia così tanto gli anziani e i parassiti, vive purtroppo un futuro riavvolto nell'eterno ritorno di un passato fallimentare. Il futuro migliore che attendiamo in Italia è un eterno presente riavvolto a spirale, in un nastro di Moebius.  
Marco Di Caprio

lunedì 18 novembre 2013

IL PAESE REALE

Ogni giorno da anni, appena sveglio, leggo il giornale, anzi i giornali. Scruto tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali e un buon numero di quelli locali, leggo i principali siti di informazione politica italiana ed estera, i blogger che più mi aggradano, e provo a comprendere quanto accade attraverso studi specialistici e approfondimento bibliografico. Negli ultimi tempi, però, non ho avuto internet: si è spaccato lo schermo dello smartphone e confesso di essere stato troppo pigro per raggiungere l’edicola vicino a casa o per andare in qualche biblioteca comunale. In compenso ho letto molti libri, ho conosciuto molte persone e mi sono accorto che il mondo è quello che succede al di fuori del tuo smartphone.

Ho letto meno news e meno approfondimenti economici. Per quanto riguarda le novità culturali ho fatto fede all’inserto domenicale del Sole24Ore e all’inserto del sabato del Manifesto. Non ho seguito affatto le beghe politiche, o per meglio dire partitiche. Quando sono tornato per qualche giorno a casa dei miei, sono stato esposto all’informazione prodotta da televisione, riviste politiche, internet e tutti i tipi di media. Non ho letto libri. Quanto ho constatato è che il centro destra si è spaccato per poi, presumibilmente, riunirsi nuovamente o chissà. Nel Partito Democratico si è infittito il dibattito interno. Ciò è avvenuto sui giornali, ma non tramite il confronto diretto fra candidati. Dalle prossime primarie emergerà lo scontro fra leaderismo e apparato e ancora tra il conflitto determinato dalla differenza tra “spazio politico” e “soggetto politico”. A proposito di Matteo Renzi, c’è una massima di Nicolas Gomez Davila che calza a pennello: “la personalità non è un fine realizzabile ma ciò che risulta da un fine realizzato”. Infine l’idealismo di Vendola è crollato: è emersa la figura pragmatica del governatore pugliese sottomesso alle logiche produttive e alle relazioni che le istituzioni devono sostenere con gli imprenditori locali.


Mi sono chiesto che cosa rappresenti la partecipazione politica attiva, che per fortuna non si riduce al dibattito interno nei partiti.  Quando mancano i mezzi di informazione, vuoi vedere con i tuoi occhi ciò che accade attorno a te. Per farlo devi scendere in piazza. Mi sono reso conto che oggi sia poco credibile la democrazia rappresentativa perché l’attuale sistema politico non tiene conto del reale disagio che porta la gente al voto. Il 19 ottobre a Roma ho visto  poveri, immigrati, sfrattati e ‘alternative di sistema’ scendere in strada per rivendicare le basi per una società più civile: reddito di cittadinanza e un’abitazione sicura. 

Lo scorso sabato ho capito meglio il ruolo dei moti di piazza nel nostro Paese. Ho visto tanta gente invadere Napoli per protestare nei confronti del disastro ambientale. In queste manifestazioni non c’erano le bandiere né del centro-destra né del centro-sinistra. Quelle bandiere devono essere sventolare con vigore: non bisogna rapportarle a una base elettorale ben precisa, ai partiti di chi fa parte dell'estabishment. Chi sventola quelle bandiere non ha un’affiliazione politica perché non ha voce nell’attuale sistema politico italiano. Credo che la vera politica sia questa. I partiti dovranno guardare la realtà, guardare dalla finestra e trovare il coraggio di scendere in strada. Non per strumentalizzare la piazza ma semplicemente per osservare, ricevere e programmare le necessità degli ultimi, che oggi rappresentano la maggioranza e il Paese reale. 

Marco Mastrandrea

domenica 17 novembre 2013

QUALE FUTURO POLITICO PER L'ITALIA?

Berlusconi rilancia Forza Italia, una formazione politica che riprende gli stessi slogan elettorali di vent'anni fa. E' un Cavaliere stanco, stordito e confuso quello che all'Eur ha parlato per un'ora e mezza. Il suo malore al termine del discorso rende palese lo stress psicofisico di un uomo anziano che non potrà affrontare l'attuale situazione politica, che è fin troppo convulsa. La rinascita di Forza Italia è un déja-vù, il reprise degli stessi stilemi che il suo fondatore ha impiegato venti anni fa. Oggi il contesto è fortemente cambiato: la debolezza della sua formazione politica rappresenta proprio questa impossibilità di aggiornarsi. E' anche vero che l'Italia è un Paese fortemente conservatore, in cui difficilmente politica e società cambiano. Come ha sottolineato Curzio Maltese nel suo articolo di oggi su Repubblica - domenica 17 febbraio - Silvio sa benissimo che le forze d'opposizione saranno nettamente favorite nelle prossima elezioni. 

Letta e Alfano sono molto deboli, poiché sono stati protagonisti di un governo dello 'status quo'. Entrambi hanno annunciato tante riforme senza portarle a termine. Non hanno ridotto il numero dei parlamentari, né hanno promulgato una nuova legge elettorale. Hanno redatto una legge di stabilità che non ha portato sostegno allo sviluppo e alla crescita, così come ci si auspicava. D'altro canto non sarà certo Berlusconi, che ha dominato la scena politica di questo ventennio, a cambiare nulla: il Cavaliere, in circa dieci anni di governo, ha peggiorato enormemente la situazione economica e finanziaria del nostro Paese. Non avrebbe per questo il diritto di interferire ulteriormente nell'attività politica italiana. Purtroppo l'Italia è in costante campagna elettorale. 

Alfano e Letta sono poco spendibili in campagna elettorale, proprio come Monti alle scorse elezioni. Il Caimano, nonostante sia vecchio e spossato, potrebbe di nuovo coinvolgere molti suoi coetanei, con forti toni anti-europeisti, populisti e nazionalisti. Ovviamente non vincerà le elezioni e non sarà più influente come lo era in passato. I suoi avversari più forti alle urne, Grillo e Renzi, sono certamente più credibili. Il primo non formerà mai un governo proprio, poiché non ha l'appoggio dei ceti sociali più influenti del Paese. Renzi, invece, dovrebbe riuscire agevolmente a imporsi perché può trovare i giusti referenti politici all'interno dell'establishment. Ma è un uomo privo di una coerente idea politica e totalmente impreparato davanti alla crisi economica e culturale del nostro Paese.

Marco Di Caprio.

martedì 12 novembre 2013

ADDIO AL POTERE BERLUSCONIANO

Berlusconi arringa i suoi falchi. Alfano farà la fine di Fini e le sue colombe saranno immolate. Il padrino non perde occasione per minacciare, ma ormai è abbastanza inoffensivo. La sua decadenza è ormai imminente, ma non è escluso un  suo passo indietro prima del voto contro di lui in Senato. La decadenza è certa perché in commissione è stato decretato il voto palese, già definito dai giornali berlusconiani come una decisione contra personam. In verità è la prima volta che un voto sul singolo diviene palese. Se fosse stato segreto, parlamentari apertamente contro di lui l'avrebbero salvato. Sarebbe stato il caos politico, perché molti sarebbero stati accusati di mentire sulle proprie opinioni riguardo al Caimano. 

Il voto palese ha evitato questo scenario, ma ne ha aperto un altro. La certezza della decadenza ha spinto il Cavaliere a prendere precauzioni, a minacciare in anticipo sui tempi la caduta del governo. Letta e Alfano temono i media berlusconiani e temono una campagna mediatica che denigri il lavoro da loro svolto in ambito economico e finanziario. Probabilmente la politica economica dell'esecutivo guidato da Enrico Letta non è del tutto fallimentare, ma non innova. La manovra decisa da Letta evita il default, ma non prevede politiche per la crescita. Berlusconi farebbe certamente di peggio, come i suoi precedenti governi dimostrano, ma tenterà di utilizzare le debolezze dell'esecutivo delle larghe intese a suo favore. Per scopi elettorali. 

Letta e Alfano temono le accuse berlusconiane in merito alla legge di stabilità e sanno di non avere il suo potere mediatico. Ma bisogno anche tener conto che Silvio è un uomo vecchio, stanco e fortemente indebolito. Inoltre i suoi media hanno oggi una scarsa influenza: Mediaset è rimasta quella di 20 anni fa, non si è innovata e non è entrata nel web. La rapida ascesa dei nuovi media ha decretato la 'decadenza' di Mediaset e l'irrilevanza dell'imponente potere mediatico berlusconiano, che ora è un dinosauro in via di estinzione. 

Marco Di Caprio.

venerdì 8 novembre 2013

Da dove l'Italia può ripartire? Le matricole lo hanno capito.

Oggi vorrei partire da una costatazione costruttiva nata su suggestione di due articoli letti su due diversi giornali (un quotidiano e un periodico settimanale), per poi continuare con una critica in relazione ad altre tendenze in voga. 

1)      La costatazione costruttiva nasce in merito ad un’indagine recente circa le nuove tendenze delle iscrizioni universitarie: esse sono lo specchio dell’economia contemporanea e rilevano i settori in cui i giovani vedono il futuro dell’Italia riponendo in essi le loro speranze. In un periodo di crisi, ovviamente non si può giocare sull’università, non si può perdere tempo e denaro o gingillarsi con una facoltà che si sa non potrebbe portare a nessuna sicurezza futura: si cerca di puntare sul dato maggiormente certo e concreto. Confrontando i sondaggi di due quotidiani diversi si nota che si è avuto un boom di iscrizioni in Agraria, Biotecnologie e Lingue. Lettere, Giurisprudenza e Ingegneria mantengono lo stesso numero di iscritti senza incrementi positivi o negativi. In netto calo il numero di iscritti ad Architettura e Farmacia. Cosa ne possiamo desumere? In concreto l’Italia non può ripartire solo dal Turismo: può ma non deve basarsi solo su questo. L’altro settore in cui può puntare non è certo l’industria perché abbiamo capito che con la gestione all’italiana dell’azienda (reminiscenza e ancorata ancora a vecchie maestranze ed artigianato le quali però ci assicurano punte di eccellenze nel campo della moda e della pelletteria) non possiamo essere grandi competitori a livello europeo e nazionale. Il settore su cui puntare è invece quello agricolo a mio avviso per diversi motivi. A) primo tra tutti bisogna partire dalla conseguenza del settore primario ovvero il prodotto nel momento della consumazione: la cucina italiana è considerata l’eccellenza, è famosa in tutto il mondo per la bontà, qualità e creatività ma anche soprattutto economicità. Ciò che ha reso la pizza e la pasta famosi è proprio il rapporto qualità/prezzo: pizza e pasta sono le portate più economiche del menù e rappresentano la base dell’alimentazione. B) L’Italia è conosciuta per la qualità dei prodotti: abbiamo un grande controllo sui prodotti che invece non si ha negli altri paesi come per esempio la Spagna. Questo crea una doppia frizione perché se da una parte siamo produttori di eccellenze agroalimentari,  spesso perdiamo nella esportazione di massa visto che abbiamo forti limitazioni su OGM, conservanti, coloranti, edulcoranti ecc. Ottimo dato, direi perché questo ci permette di cavalcare l’onda del salutismo, incrementato dalle paure contemporanee di tumori e altre malattie. Effettivamente l’Italia presenta una longevità maggiore rispetto ad altri stati. Ottimo anche perché i prodotti sono buoni oltre che sani: la vista magari non viene appagata come nel caso degli OGM ma il gusto ne esce enormemente soddisfatto. C) La causa: il clima, il territorio e la cultura italiana si prestano ad incrementare l’azienda agricola. Essa è connaturata nella nostra cultura e mentalità ma soprattutto è incentivata e facilitata dal clima del nostro Bel Paese: inverni miti e mitigati dal mare, estati anch’esse miti e non particolarmente calde date dalla morfologia allungata e non continentale del nostro territorio (in Spagna, paese che possiamo comparare a livello di latitudine con l’Italia,  sono presenti molti deserti caldi e impraticabili proprio per la morfologia continentale). D) ultimo ma non da sottovalutare l’importanza della moda-cucina che sta dilagando negli ultimi periodi su Tv, Social Network, blog. Una delle più importanti blogger italiane, Chiara Maci ha fatto della sua passione lavoro così come molti cuochi sono ormai conosciuti non solo per i loro ristoranti ma anche per le loro creazioni. Ecco, mi sento di dire che possiamo fare di più da questo punto di vista: abbiamo le materie prime giuste, i prodotti adeguati e soprattutto la cultura e la creatività per avere più primati in questo settore: infatti i cuochi migliori del mondo contano un solo italiano e ben tre spagnoli. Tra l’altro la Spagna detiene il primato e la Danimarca (???) il secondo posto mentre noi ci dobbiamo accontentare di un bronzo 1- El Celler De Can Roca - Girona, Spain  - Best in Europe & The World. 2- Noma  - Copenhagen, Denmark. 3- Osteria Francescana - Modena, Italy. 4- Mugaritz - San Sebastian, Spain. Ecco, io ripartirei da qui perché nella cucina italiana si fonde settore primario (agricoltura), secondario (la gestione aziendale dei prodotti che dovrebbe essere potenziata: industria agroalimetare), settore terziario: turismo. En passant un’osservazione sull’incremento degli iscritti di Lingue (sintomo che i rapporti internazionali a livello europeistico e internazionalistico stanno diventando simbolo del futuro. Mezzi di comunicazione di massa, mezzi di trasporto sempre più veloci ed economici fanno sì che gli scambi tra Paesi diversi e lontani siano all’ordine del giorno) e sulla disfatta di Architettura (sintomo dell’impossibilità economica di comprare, arredare e sistemare architettonicamente gli immobili. Forse l’Italia dovrebbe puntare maggiormente sul restauro ma anche lì c’è una falla nel sistema dei finanziamenti e dei Beni Culturali) e di Farmacia (altro sondaggio recente dimostra che si è avuto un calo notevole nell’acquisto dei medicinali grazie alla rivalutazione dell’omeopatia e parafarmacologia nonché al miglioramento degli stili di vita).

2)      Ripartiamo da qui e non dal Vintage, please. Vespa, Piaggio, Delonghi non torneranno indietro. Ora ci sono Stati più competitivi e in gamba di noi. 
Miriam Di Carlo