sabato 20 aprile 2013

L'Italia peggiore.

[Per chi tifate? I due redattori a confronto. I due Pd a confronto. Face-to-face, la nuova rubrica liquida]. 
 
Prodi si ferma a quota 395 su 496 voti disponibili nell'area democratica. La carica dei 101 franchi tiratori blocca l'ascesa di un ottimo candidato al Colle. Molti hanno messo in dubbio la validità di una sua elezione per questo motivo: "Il presidente della Repubblica è il garante della Costituzione e rappresenta l'unità nazione" (art.87). 

In questa situazione politica nessun candidato rappresenterà l'unità perché il Paese è irrimediabilmente diviso; le uniche scelte condivise tra centro-sinistra e centro-destra sarebbero collante della peggiore vecchia politica e il peggiore degli inciuci. Meglio eleggere un candidato di grandi requisiti piuttosto che un referente bipartisan di un sistema politico colluso, corrotto e marcio. 

Prodi non rappresenta la nuova politica, non lo metto in dubbio, ma è il meglio che la vecchia politica ha saputo offrire. Solamente il recupero del miglior passato e della migliore tradizione può portare un futuro migliore. I più acclamati poeti del Novecento hanno ripreso l'esperienza dantesca, i più grandi musicisti contemporanei hanno riletto Bach e Wagner e i più grandi registi hanno attinto alle avanguardie degli anni 20, all'espressionismo tedesco o a film poco noti dei decenni precedenti.  

Se si fosse data maggiore fiducia al Professore nel decennio precedente, non saremmo in questo stato di disordine


Prodi ha governato circa quattro anni, tra primo e secondo mandato, a differenza degli otto, quasi nove, dell'uomo di Arcore. Il governo Prodi I è stato un ottimo governo: ha varato misure per l'occupazione, ha risanato i conti in vista dell'ammissione dell'Italia all'Euro. Purtroppo il Governo Prodi II non ha avuto lo stesso successo, perché ostaggio di una maggioranza frammentata. Da quando il suo centro-sinistra non ha governato in Italia, la situazione economica è precipitata (tratto da Wikipedia:declino economico italiano). L'economa italiana non è in recessione in congiuntura solamente dall'inizio della crisi economica globale, ma dal 2001, anno in cui il Cavaliere è diventato presidente del Consiglio. Fino ad allora i governi di centro-sinistra (dal 1996 al 2001) avevano ben tenuto il Paese da un punto di vista economico. (confronta i dati sulla crescita del PIL nel periodo 1996-2000, anni del centro-sinistra, e 2001-2005, anni del governo B. (su Wikipedia: Dati macroeconomici italiani).
Se proprio vogliamo dire la verità, Prodi è stato un ottimo uomo di governo e non solo. Nel 1963 iniziò la sua carriera accademica come assistente alla cattedra di "Economia Politica" della facoltà di Scienze politiche dell'Università di Bologna. Nel 1974 è stato chiamato dall'Università di Harvard come visiting professor. È stato anche visiting professor presso lo Stanford Research Institute. Ha insegnato presso il Johns Hopkins University - SAIS - Bologna Cente e alla Brown University. E' stato designato dai governi europei alla Commissione Europea, con un ampio consenso e trasversale, sia da destra che da sinistra. 
Prodi è stato eletto nel 2001 Commissario Europeo dell'economia sia dalle destre che dalle sinistre europee. Ban Ki-moon, segretario generale dell'ONU, gli ha conferito nel 2008 l'incarico di presiedere un nuovo Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana per studiare il rafforzamento delle missioni di peacekeeping. L'anno scorso Ban Ki-moon ha conferito a Prodi un nuovo incarico, ovvero quello Inviato speciale dell'Organizzazione per la crisi nel Mali, travolto da una guerra civile.

Io direi che il suo curriculum sia più eloquente di quanto non possano essere mie considerazioni personali: è una persona che gode di ampia stima a livello accademico ed internazionale, uno degli italiani più influenti al mondo. Se poi il suo nome è infangato tra le lotte fratricide in Italia, tra politicanti e intrighi di palazzo, è meglio che non sia stato eletto per un incarico che avrebbe accettato, e direi giustamente, a malincuore. 

Non è accettabile l'attuale situazione italiana. La nostra è una società dove non è premiato  il merito, dove migliaia di ricercatori universitari sono sottopagati, dove sono più rispettati buffoni e saltimbanchi, giullari e pseudo-comici da baraccone. Il nostro è un paese dove la politica è per chi non ha nient'altro da fare nella vita, dove la politica è modo per sostentarsi piuttosto che per dare il proprio contributo alla società. 


Una società fatta di cupezze, illazioni, degrado. Dove non conta più il talento, ma l'apparire, nel modo più buffonesco e volgare, in cui arte, musica e letteratura sono disprezzate, così come lo è la tradizione e il passato senza i quali non esiste propulsione verso il futuro. Dove non c'è rispetto per i vecchi che hanno dato la loro parte migliore di sé e per le giovani promesse del domani. Un paese dove solo i vecchi disonesti e i giovani impreparati avanzano. 

In merito alla mancata elezione di Prodi vorrei concludere con una citazione dai Salmi: "Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavato / nella rete che hanno teso s'impiglia il loro piede". Ma ora è arrivato il momento di dire basta. Se i democratici non sono riusciti a fare eleggere Prodi, io mi rivolgo agli stessi: che votino Rodotà, altra persona preparata e influente, non quanto Prodi, di cui lo stesso costituzionalista è grande estimatore. Questa è la loro ultima chance per contare qualcosa e formare un nuovo governo, oppure sarnno gli stessi democratica a volere che la generazione perduta dei giovani non si ritrovi.

Marco Di Caprio.

venerdì 19 aprile 2013

Dimissioni Bersani: noi giovani dobbiamo pagare una tassa per la speranza?

Bersani si è dimesso. Vittimismo e non umiltà. Prima un gesto pro-PdL, poi un gesti anti-PdL e anti-M5S e infine le dimissioni. Ma ci voleva tanto a votare Rodotà? Sono delusa, arrabbiata, vorrei urlare anche io. A noi giovani troppi punti di riferimento sono caduti: prima il Governo, poi il sistema economico, poi il papa, poi di nuovo il Governo e infine ora anche il Presidente della Repubblica ci toglie altre certezze. 

Ma noi giovani, per sperare dobbiamo pagare qualcuno? Possiamo avere la garanzia che qualcuno si prenda le proprie responsabilità e faccia passi di umiltà e non vittimismo? Mesi alla ricerca del dialogo, mesi per tentare di ricostruire qualcosa e invece ecco il capolinea: la democrazia spappolata, le istituzione farraginose e un affastellarsi di proposte, appelli e richiami che buttano solo altro fumo negli occhi. Basta. Ho appena 25 anni e sono già stanca, stanca di vedere queste prese di posizioni, questi piedi impuntati, queste incoerenze senza fine. Basta. 

Noi giovani dobbiamo pagare una tassa affinché ci venga assicurata una qualche speranza per il futuro? Se c’è io la pago, basta che funzioni. Vorrei solo un punto da cui partire, partire per trovare posto per una famiglia futura. Non mi importa che si rispetti il mio titolo di laurea, voglio anche spaccarmi la schiena nella campagna come ha fatto mio padre: ma che almeno, alla fine di una giornata di fatica e sudore, tornare a casa da mio marito e dai miei figli e sapere che ci sia qualcuno responsabile ma soprattutto di buon senso, di cordiale intelligenza politica che sappia accordare e concertare le leggi a favore del bene comune. Che costi un sacrificio per tutti? Va bene, ci sto, pago. Sono disposta a tornare al Nokia 3210, a non avere troppi grilli per la testa, ma almeno garantitemi questa cazzo di civiltà basata sulla fraternità e sulla fiducia reciproca. 

Miriam Di Carlo.

Caciocavallo che l’erba cresce.


[Per chi tifate? I due redattori a confronto. I due Pd a confronto. Face-to-face, la nuova rubrica liquida.]

Bianca stavolta non ha vinto. Si è fermata a quota 15. La famiglia si stringe intorno alla favorita degli scorsi scrutini, eppure ci aveva sperato fino all’ultimo. In compenso svettano due nomi forti: Prodi e Rodotà. Ora che significano questi due nomi per il centrosinistra? PRODOTA’.

90-60-90 dovrebbero essere le misure favorite dalla donna-Italia e invece ci troviamo di fronte una piattezza caratterizzata da 30-30-30: centrodestra, centrosinistra e M5S sono le misure di una nuova tavola da surf in cui il punto vita non è l’ago della bilancia e non può determinare un bel niente. In questo quadro bisogna garantire che tutte e tre le fette di elettorato vengano rappresentate in quella personalità super partes che è appunto il Presidente della Repubblica Italiana. Gli italiani del 1946 decisero così: una Repubblica parlamentare e presidenzialista (non presidenziale)  in cui il ruolo che di solito era rivestito da un sangue-blu ora è in mano ad una personalità politica condivisa dai grandi elettori. MA. C’è sempre un ma: condizione necessaria e sufficiente secondo il primo postulato della Repubblica presidenzialista, bisogna che codesta personalità faccia scorrere nelle sue vene, non sangue reale, ma sangue costituzionale ovvero la linfa vitale di uno stato contemporaneo. Detto ciò arriviamo a Prodotà.

Prodi. Perché? Fondatore de L’Ulivo, icona dell’anti-berlusconismo, grande economista. Poco eloquente non rappresenta una buona fetta del Pd, Sel (che si è dichiarato a favore di Rodotà) e tutti gli altri schieramenti, tranne qualche timido nome di Scelta Civica che però si è trovato a convergere su Cancellieri. Una personalità troppo implicata politicamente, che ha invaso le televisioni nelle tribune politiche nello scontro pre-elettorale con Berlusconi, una personalità che non rappresenta più del 60% dell’elettorato italiano. Infatti non accorda su di lui né il M5S né il PdL e quella buona parte del centrosinistra che ricordavamo. In un popolo di capricciosi come il nostro, certo qualcuno ne dovrà pur uscire scontento, ma non così tanti. 

Se si vuole tagliare con il passato, se si vuole cambiare, di certo la risposta ecumenica non è Prodi-per-il-bene-comune ma qualcun altro, qualcun altro che è stato gridato a gran voce da tanti, forse troppi.
Egli è Stefano Rodotà. Perché? Mesi e mesi di turbamenti, la voglia di trovare un canale di dialogo con il M5S, appelli come se piovessero, preghiere e battimenti di petto finché quando si ha possibilità di dialogare, si chiude la porta e si impuntano i piedi. Perché non Rodotà? Una personalità indipendente, super partes, che si è battuta per i diritti civili, che mangia pane e Costituzione, che l’ha data a bere ad Alf-Alf, che è eloquente e ancora sveglio (con tutto rispetto per Prodi, che stimo, ma non si può dire altrettanto di lui), che si dichiara detentore di quella struttura sovra popolare che è la Costituzione citando Platone e vedendo l’unità e non il particolare

Perché no? Ve lo dico io perché. Per paura dei cattolici. Sono cattolica, credente, pratico un cammino di fede, amo Papa Francesco. Ma non mi sento rappresentata da chi pensa che Rodotà sia una scelta anti-cattolica solo perché si schierò a favore dell’eutanasia della Englaro. Disse una cosa sacrosanta: i nuovi mezzi scientifici rendono le vite più lunghe, fanno sì che corpi rimangano in vita con l’inevitabile conseguenza che anime rimangano intrappolate in una non-vita, un limbo, in cui non possono stare né in terra né salire al cielo, dal Padre. Quanto può essere vera questa realtà? Troppo. 

Una scelta come Rodotà, non solo renderebbe il Pd più consapevole e meno ipocrita, non solo compatterebbe Sel, non solo farebbe riflettere anche sulla laicità dello Stato, non solo tutelerebbe la Carta Costituente contro lo sciacallaggio di Berlusconi ma soprattutto aprirebbe quel ponte, quella comunicazione tanto cercata e tanto voluta con il M5S, dando un segnale di apertura, condivisione e rispetto che sono i presupposti per camminare tutti quanti insieme. No. Il Pd non ce la fa proprio. Rimane sempre fuori, autolesionista, imbrigliato nei suoi stessi lacci e lacciuoli. Eppure potrebbe essere il grande Gulliver che si sveglia nel paese dei Lillipuziani , potrebbe togliersi tutti quei fili stupidi che pretendono di paralizzarlo. No, il Gulliver ha preferito l’altra strada, quella di sentirsi sempre un eterno piccolo.

E poi Prodi Presidente della Repubblica. Credo che gli serva un buon ghostwriter ma soprattutto un insegnate di solfeggio che gli insegni l’Allegro e non l’Adagio. A conti fatti, alla fine di questa giornata vediamo due grandi realtà rappresentate dalle manifestazioni di piazza: da una parte l’Italia giovane, idealista, sognatrice caratterizzata dai grandi tifosi che urlano “Ro-do-tà, Ro-do-tà”. Si sa, noi italiani dobbiamo sempre trovare un modo per tifare, e più tifiamo, più ci accaniamo e le questioni diventano principi da difendere con unghie, denti e ogni parte contundente del corpo umano. Dall’altra un’Italia vecchia, che sebbene si creda di essere ben ingiacchettata in realtà ha vissuto in una eterna sagra di paese, con balletti collettivi in pazza, il sottofondo di musiche improbabili come il tango di Fausto Pacetti e in mezzo una bella tavolata dove si distribuisce pane e mortadella. Ricordiamo solo che la Mortadella ce la invidiano in tutta Europa, al pari della mozzarella e del caciocavallo.

Miriam Di Carlo.

giovedì 18 aprile 2013

Storia di una Gabanelli e di un Grillo che le insegnò a volare.


I toni sono decisamente cambiati: esce meno lava incandescente dalla bocca di Grillo che, consapevole del gioco “ad alto profilo istituzionale” usa una distensione di volume e di modi che ricalcano tutte le strategie comunicative più efficaci della cortesia linguistica: cercare l’accordo e non il disaccordo. Risulta strano sentire alla fine quel “Grazie per l'ascolto” che appare come il primo bottone allacciato di una camicia politica. 

Lui, l’antipolitico, il contestatore che poi alla fine, si mette una giacca e una cravatta linguistica per promuovere un contenuto: la Gabanelli. E’ eloquente la costanza linguistica del leader del M5S: la Gabanelli, “una signora” e non come quella “troia vecchia” di Rita Levi Montalcini “sarebbe veramente un grande segnale”. Segnale per chi? Per l’Europa? Certamente tutta l’Europa rimarrebbe di stucco davanti allelezione di una laureata al DAMS (quindi esperta di strategie comunicative) come garante di uno dei documenti più complessi dal punto di vista etico ma soprattutto linguistico, contenutistico, economico che necessita di un apposito corso di laurea quinquennale affinché lo si comprenda (seppure parzialmente).

D’altra parte agghiaccia l’ottusità del centrosinistra mostratasi con le proposta di Amato (nome che non sarebbe neanche dovuto comparire): il M5S è stato un grido forte contro quella politica ormai marcia, macchiata da tanti occhiolini e pacche sulle spalle che hanno offuscato l’ideale del buon dirigente della cosa pubblica. Chi è Amato? Amato varò quel famoso decreto Conso (detto anche “Colpo di spugna”) che il 5 marzo 1993, dopo lo scandalo di Tangentopoli, depenalizzò il finanziamento illecito ai partiti, proprio per non far spappolare un’intera classe politica implicata irrimediabilmente nello scandalo delle tangenti. Non si fece tabula rasa allora e le cellule tumorali di quella politica incancrenita e malata si propagarono negli anni generando aberrazioni politiche e costituzionali che conosciamo bene. 

Se c’è una cosa certa (ed è l’unica cosa certa) di queste elezioni è che l’Italia ha urlato: ha urlato contro il passato e cosa siamo stati obbligati a vedere in questi anni. E l’altro dato certo rilevante di questo periodo storico è che siamo ritornati all’epoca dei Comuni e delle Signorie dove ognuno guarda il suo piccolo territorio: Renzi si scaglia contro Marini e Finocchiaro, come un bambino a cui è stato detto di no (mamma, guarda la Finocchiaro va all’Ikea con la scorta e io no … perché sgridi a me?), Berlusconi alliscia D’Alema (tutti e due poi accomunati da Palazzo Grazioli: empatia di “affitasi”) terrorizzato dal ricordo di quelle tribune politiche in cui doveva mangiare pane e mortadella a forza, Bersani lancia fanti da 2 punti e non i re (o gli assi), ma soprattutto Grillo si ricompone mestamente e, differenza di quel papa Francesco che si toglie la papalina per consegnarla alle mani dei fedeli, usa i toni dell’inciucio tanto odiati in previsione di essere lo speaker ufficiale della descrizione del  volo di una gabbianella




Come avviene l’elezione del Presidente della Repubblica? E’ con viva e vibrante soddisfazione che proponiamo questo esercizio di stile e di eloquenza: il video dell’elezione di Gronchi come capo dello Stato, del  4 Maggio 1955 http://www.youtube.com/watch?v=U5tQdX0Z17Q. Se si sostituisce la voce dello speaker con quella del comunicatore Grillo e il nome “Gronchi” di uno dei quirinabili del M5S, l’illusione è perfetta.
Inoltre per chi volesse approfondire le personalità politiche dei vari Presidenti della Repubblica si segnala “Messaggi dal Colle: i discorsi di fine anno dei presidenti della Repubblica” a cura di Michele A. Cortelazzo e Arjuna Tuzzi, Marsilio Editore. Bisogna anche considerare che questi messaggi sono frutto di ghostwriters ovvero di persone che scrivono in forme ormai cristallizzate e riconoscibili dal pubblico i concetti veicolati dal discorso. Interessante il capitolo “Costruire Noiin cui il Presidente si fa garante dell’intera diversità e pluralità del popolo italiano, accomunato dal sentimento della legalità costituzionale, pietra angolare delle libertà maturate nei secoli.
Infine ricordiamo che tra tutti i presidenti della Repubblica vi fu un’anomalia: Cossiga. Egli infatti preferì dare le sue dimissioni prima al “popolo” attraverso la spettacolarizzazione del suo gesto mandato in onda su Rai1. Questo, sebbene valorizzò i destinatari come fanno gli abili comunicatori, gettò profonda sfiducia nelle istituzioni. Minuto 1,19 comincia il discorso di Cossiga. http://www.youtube.com/watch?v=lBXBWIIXc34

Buon ascolto e buona lettura,
Miriam Di Carlo

Il suicidio assistito.

Bersani ha raggiunto ieri l'accordo con il Pdl e Sc per la candidatura alla Presidenza della Repubblica di Franco Marini. Vendola ha annunciato di essere molto deluso di questa scelta e Renzi ha aggiunto che non lo voterà mai. Non darei torto a chi si sente deluso dalla politica del segretario, più volte disposto a dialogare con i 5 Stelle per il governo del cambiamento. 

Non credo che un accordo con il Pdl fosse necessario: il centro-sinistra ha la possibilità di votare, dopo il quarto scrutinio, il proprio candidato o di condividerlo con il MoVimento di Beppe Grillo, che, nonostante le tante pecche di sistema, è più vicino,da un punto di vista ideologico, agli elettori del Pd di quanto non lo sia il Pdl. 

Questa intesa con il Caimano è un bacio della morte, un suicidio assistito. Non credo che Marini sarà eletto presidente durante i primi tre scrutini, per i quali il quorum richiesto è 672. Se è vero che Pd, Pdl e Sc hanno circa 785 grandi elettori a disposizione, da questi vanno tolti cinquanta renziani e  altrettanti Giovani turchi del Pd. Con questi voti in meno le preferenze per Marini scenderebbero a quota 685: basterebbero altri quindici no a Marini per far saltare l'intesa. 

E' grave che Bersani non converga sulla candidatura di Rodotà. Il rifiuto della proposta fatta dei 5 Stelle significa chiudere la porta ad ogni futura trattativa con loro sul governo del cambiamento. La Grosse Koalition tra Pd e Pdl potrebbe essere l'unica soluzione per Bersani di formare un nuovo governo. Ma è ovvio che questa alleanza porterebbe un calo vertiginoso di consensi per i democratici - azzardo addirittura il crollo di dieci punti in un solo giorno

Se Bersani vuole riacquistare prestigio, dovrà cambiare strategia in itinere. Qualora non dovesse riuscire a portare Marini al Quirinale dopo i primi tre scrutini con maggioranza qualificata, deve convergere su Rodotà, o tirare fuori dal cilindro il nome di Prodi. Non vedo altra soluzione per dare di nuovo unità al partito e per provare a fare un governo del cambiamento. 

Se il Pd sceglierà il presidente della Repubblica con l'ausilio del Pdl, troverà solo l'ex-premier pronto ad appoggiare un suo futuro governo. Questo scenario porterebbe in alto il Cavaliere nei sondaggi e in basso il Pd in vista di una possibile, e quantomai vicina, tornata elettorale. 

Ancora non riesco a capire come Bersani possa tentare di accordarsi con un uomo che un anno e mezzo fa ci stava portando nel baratro, con lo spread ad oltre 500 ed i tassi d'interesse sui titoli di Stato ad oltre 6 %. Un uomo che stava portando in bancarotta l'intero sistema economico e finanziario del Paese. Una persona con cui non sarebbe lecito neanche prendere un caffè. Bersani ha deciso di convergere con lui sul nome del candidato, ma credo che con lui potrà convergere solo sulla fine del Partito democratico.  Il masochismo del Pd non avrebbe eguali in questo suicidio assistito.        

Marco Di Caprio.

martedì 16 aprile 2013

Il cavallo di Troia.

Ancora difficile stabilire quale sarà la direzione del Pd. Renzi, dal canto suo, ha deciso di scontrarsi con Bersani, e non mi meraviglio che abbia scelto questi giorni. Il Partito Democratico è in una congiuntura negativa, di grande vulnerabilità. Renzi è contrario al cattolico Marini e a Finocchiaro. Non gli do torto: Marini, ex-Dc, sarebbe un buon candidato per il Pdl e per le gerarchie vaticane.

Renzi ha scritto giustamente ieri (15 aprile 2013) su Repubblica che "non basta essere cattolici per il Colle". Sono d'accordo su ciò che dice Renzi e cito testualmente:
Mi sembra invece gravissimo e strumentale il desiderio di poggiare sulla fede religiosa le ragioni di una candidatura a custode della Costituzione e rappresentante del Paese. Faccio outing: sono cattolico, orgoglioso di esserlo e non mi vergogno del mio battesimo.[...] Rappresento la città, tutta intera, non solo quelli con cui vado alla Messa la domenica [...] La laicità è spesso dimenticata dalla classe politica di questo Paese, spesso collusa con i vertici delle gerarchie ecclesiastiche [...] Chi rivendica spazio in nome della confessione religiosa tradisce se stesso. E strumentalizza la propria fede."
Giusto, ma Renzi, secondo me, ha sbagliato nel sostenere un'opinione che è corretta per un paese con governo presidenziale o semi-presidenziale:
Se la politica non avesse perso i legami con il territorio basterebbe una banalità: due mesi fa Marini si è candidato al Senato della Repubblica dopo aver chiesto (e ahimè ottenuto) l'ennesima deroga allo Statuto del Pd. Ma clamorosamente non è stato eletto
Il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazione  (art.87,co.1), e può essere anche un cittadino qualunque, non per forza un politico, che goda dei diritti civili e politici e che abbia compiuto i 50 anni di età (art. 84.).

Per quanto riguarda Bersani, non capisco la sua necessità di portare un nome condiviso che possa essere votato dal Pdl. E' giusto che Bersani e Monti, dopo il loro incontro di ieri, hanno affermato in una nota congiunta di
"avere convenuto sulla necessità di ricercare la massima convergenza possibile tra le forze politiche per la scelta di un candidato autorevole che possa rappresentare l'unità nazionale, come indicato dalla Costituzione."
 Ma non è detto che questo candidato debba essere condiviso per forza con un centro-destra che pretende a tutti i costi la Grosse Koalition. D'altro canto non è chiaro, dopo l'articolo scritto da lui su Repubblica, chi sia il candidato di Renzi.

Il sindaco di Firenza dice di voler riunire attorno a sé la componente laburista del Partito: potrebbe aver deciso di supportare una candidatura (cosa buona e giusta) di Prodi, cercando contemporaneamente l'appoggio dei Cinquestelle. Eppure l'incontro di ieri tra Renzi e Berlusconi a Parma, seppure per pochi minuti, la telefonata di Renzi al Tg5 e la sua partecipazione al programma di Maria De Filippi mi portano a guardare con sospetto il sindaco di Firenze. Così come mi portano a diffidare di Renzi il suo appello agli elettori di tutti gli schieramenti, compresi quelli di centro-destra, e la sua affermazione di non voler mandare in galera Berlusconi.

Ugualmente mi mostro molto critico nei confronti di Renzi, quando sento il Cavaliere parlare bene di lui. In una trasmissione televisiva di Raiuno, durante la scorsa campagna elettorale, alla domanda "Che ne pensa di Renzi?", l'uomo di Arcore ha risposto: "Mi piace. Non è come quel comunista di Bersani."
Questa empatia è ricambiata dal 'rottamatore', che ha deciso ieri di incontrare l'uomo di Arcore in privato, a Parma, durante un evento organizzato dalla Barilla. Penso la vignetta di Ellekappa su Repubblica di oggi sintetizzi bene la mia opinione.
"Che cosa ha detto Renzi a Berlusconi? Non saprei, una cosa tipo missione compiuta? "
Marco Di Caprio.

lunedì 15 aprile 2013

Il Quirinale: tra parole nuove e strategie comunicative di elezione.

Quirinarie, totoquirinale. La proliferazione di nuove parole in questo preciso momento storico non ha eguali nella storia dell’italiano: il motivo è dato proprio dal web. Parole che poi inevitabilmente periranno e si andranno a perdere nel grande catalogo del dimenticatoio. Negli anni passati ha contribuito alla creazione di neologismi il giornalismo cartaceo: Giovanni Adamo e Valeria Della Valle stilano un dizionario di 2006 parole nuove prese dai giornali. Cito solamente dylanologo che dubito possa essere considerata una vera e propria entrata quanto un occasionalismo che indica “l’esperto di Bob Dylan”. 

Ora in questi giorni siamo stati bombardati da due neologismi interessanti e sicuramente audaci che hanno solleticato l’interesse del pubblico italiano davanti allo spettacolo politico (secondo atto circa). Meno originale totoquirinale che ricorda il recente totopapa (il quale aveva dato per certa l’elezione del cardinale Scola). Da ricordare la serie formata da toto-: toto-assessore, toto-commissione, totonome, toto-poltrone, toto-pontefice, toto-sentenza, toto-ticket. Non è quindi una grande novità dal punto di vista linguistico né dal punto di vista sociale: noi italiani siamo abituati a fare scommesse sul futuro, attraverso voli di uccelli, analisi di fegati e rossi di sera. 

Ma l’innovazione più sorprendente arriva insieme a Quirinarie. Che sono? La fine della parola (il suffisso appunto) non ricorda tanto le coronarie quanto le primarie tanto amate dal Pd. Se le primarie decidono piccoli vertici che poi dovrebbero svilupparsi politicamente, le Quirinarie servono per dare IL CANDIDATO PRINCIPE che una buona fetta parlamentare dovrebbe proporre. 

Innovazione linguistica ma anche concettuale: perché? Perché dover mettere voce sull'elezione della più alta carica dello Stato? Non ci si fida abbastanza degli eletti del MoVimento o si vuole ancora dare la parvenza che la democrazia diretta liquida funzioni? Il più grande pericolo è che al pari dei tanti occasionalismi, anche questa innovazione informatica sia destinata a perdersi come granello di sabbia in un deserto sterminato dei post, troll e mitologici espedienti futuristi. 

Che poi fra tutti i nomi figuri quello di Grillo, rende il tutto un macabro gioco che avvalora le più sagaci interpretazioni storicistiche del fenomeno a 5 stelle: gli elettori hanno votato fondamentalmente una persona e non una conoscenza competente. E quella persona è la stessa che ha messo il suo nome sul logo, sul simbolo da barrare durante le elezioni al pari di Berlusconi. Il quale però sotto Fratelli d’Italia di retorica memoria, pone solo il suo cognome, mentre sul logo del Movimento abbiamo BeppeGrillo.it: non solo nome e cognome ma anche pubblicità del suo blog. Vai e vedi. Vieni e vedimi. Te la do io la medicina contro ogni male. Ed ecco il ruolo messianico del candidato numero uno contro uno (riprendendo una risposta tweet di Vittorio Zucconi a una mia provocazione “A quanto lo danno i bookmaker? Uno contro uno?”) che si propone come un grande salvatore dell’umanità: ha fatto carriera al pari del mago Otelma, al pari di Giucas Casella. 

Infatti il nostro paese è il più grande follower non tanto dell’informazione culturale quanto dei maghi in tv, grandi risolutori di infiniti turbamenti interiori, grandi profeti che non hanno bisogno di fegati o voli di uccelli ma di un mazzo di carte e un numero telefonico a pagamento. L’analogia è inquietante ma lasciamola ai grandi interpreti della società. Basta solo considerare la linguistica di Grillo: “Spargete il verbo”. Classica eco biblica in cui a differenza della Bibbia ci si richiama direttamente ad un voi, che proprio per il segno di appartenenza a quella cerchia deve adempiere ad un compito di tutela e sopravvivenza del Movimento: come? Soddisfare l’ordine dall’alto. 

Mentre nel Vangelo il monito viene posto sempre come una terza persona singolare o plurale “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, “Beati i … perché di essi è”, qui la strategia consiste nel rivolgersi direttamente al proprio mittente non lasciandogli via di scampo. “Collegati ora” e poi Grillo allega il link: oltre al comando diretto c’è anche la facilitazione per compiere l’azione, ovvero il link a portata di mano. Paolo Bonolis ebbe tanto successo in televisione perché fu uno dei pochi che si rivolse direttamente alla macchina da presa. Il pubblico aveva l’impressione di essere chiamato direttamente a casa dal presentatore e pensava fosse parte integrante dello show. 

Grillo fa esattamente ciò: dà l’illusione che l’altro possa essere parte integrante del grande meccanismo che si cela dietro il suo show. La trasparenza non è mai stata tanto opaca: infatti la trasparenza si attua attraverso rapporti umani diretti, sotto la luce del sole, davanti a giornali, mezzi televisivi che non pongano diaframmi. Abbiamo una buona idea di chi sia Papa Francesco proprio perché lo vediamo trasparente senza fogli, scartoffie di riferimento e in continua vetrina: è la luce del sole. Ma Grillo no. Si cela, come tutta la nuova società dietro al classico schermo, che a differenza della televisione è ancora più oscuro e manipolabile. Basta solo un buon hacker o informatico che sia.

Miriam Di Carlo.