martedì 29 ottobre 2013

Roma, sede del potere.

La sindrome di Babe maialino coraggioso nasce proprio nell’uomo provinciale che arriva a Roma. Babe diventa coraggioso nella sua ingenuità e rimane sbalordito nel vedere un vortice di eventi alla Bruegel, in cui egli mantiene sempre il suo punto di vista basso, da maialino.

Ma che cos’è Roma? L’oggetto-Roma è definibile?
Roma è tanta, eccessiva, fastidiosa, appiccicosa e spavalda. È sempre stata così, fin dai tempi degli antichi romani e da 2000 e passa anni continua a essere forza centrifuga e centripeta di sapori, colori, culture e classi.
Del tipo.
Vado a svolgere delle commissioni burocratiche al centro di Roma. Prendo il mitico autobus 87 che passa davanti a Palazzo Madama. Scendo. E in quale altra città del mondo accade che, nel bel mezzo del traffico lavorativo, arriva una sfilza di macchine con i vetri oscurati, sfilano davanti a mitra scintillanti per il sole anacronistico di un ottobre estivo, una serie di politici in giacca e cravatta scortati, mentre immediatamente nel girone affianco (Piazza Navona) si celebra il carnevale della vita, con saltimbanchi che gonfiano palloncini, filippini in fuga con cartoni sotto braccio, pittori naifs che vendono repliche di repliche di quadri, orchestrine jazz che snocciolano note a colpi di ritmi invasivi e coinvolgenti, il tutto condito con oggetti volanti che vengono venduti insieme ad antistress buttati per terra con fare aggressivo? Cosa è successo nel ventre molle dell’Europa? Niente di diverso dal periodo barocco. A ricordarcelo c’è proprio quella fontana al centro di Piazza Navona in cui un ambizioso Bernini pose le statue dei quattro fiumi concretizzando nelle espressioni e gesti delle personificazioni, la contesa, la sfida e lo sprezzo per il genio del Borromini, accennato a tinte sobrie nella facciata di Santa Agnese in Agone. Roma non è cambiata: latina, rinascimentale o barocca, ebrea ed esotica, di Cagliostro e di Caravaggio che sia, essa racchiude in sé quel sentimento duplice di fastidio e di amore.

Del tipo.
Dopo una giornata stancante ti ritrovi ad aspettare l’ennesimo autobus che non passa davanti Santa Maria Maggiore. La guardi e, tra clacson, odori, puzze e profumi, pensi che la vista è appagata da così tanta bellezza. Trovare l’equilibrio nel caos e nel traffico di Roma, nei tempi devastanti di Roma che si dilatano nelle attese e si concentrano in maniera funambolica e rocambolesca nel resto della giornata, si può nella bellezza che essa propone in maniera spregiudicata, appianando tutti i fastidi interni in un grande senso di piacevolezza collettiva. Trovare l’equilibrio a Roma si può, perché tra il mosaico del tutto, c’è sempre uno scorcio pronto a prenderti e riportarti verso l’amore per questa città. Poi torni a casa dopo un’ora e tre quarti e pensi: ma Roma è il Bangladesh! E che cavolo…

Miriam Di Carlo

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