venerdì 8 novembre 2013

Da dove l'Italia può ripartire? Le matricole lo hanno capito.

Oggi vorrei partire da una costatazione costruttiva nata su suggestione di due articoli letti su due diversi giornali (un quotidiano e un periodico settimanale), per poi continuare con una critica in relazione ad altre tendenze in voga. 

1)      La costatazione costruttiva nasce in merito ad un’indagine recente circa le nuove tendenze delle iscrizioni universitarie: esse sono lo specchio dell’economia contemporanea e rilevano i settori in cui i giovani vedono il futuro dell’Italia riponendo in essi le loro speranze. In un periodo di crisi, ovviamente non si può giocare sull’università, non si può perdere tempo e denaro o gingillarsi con una facoltà che si sa non potrebbe portare a nessuna sicurezza futura: si cerca di puntare sul dato maggiormente certo e concreto. Confrontando i sondaggi di due quotidiani diversi si nota che si è avuto un boom di iscrizioni in Agraria, Biotecnologie e Lingue. Lettere, Giurisprudenza e Ingegneria mantengono lo stesso numero di iscritti senza incrementi positivi o negativi. In netto calo il numero di iscritti ad Architettura e Farmacia. Cosa ne possiamo desumere? In concreto l’Italia non può ripartire solo dal Turismo: può ma non deve basarsi solo su questo. L’altro settore in cui può puntare non è certo l’industria perché abbiamo capito che con la gestione all’italiana dell’azienda (reminiscenza e ancorata ancora a vecchie maestranze ed artigianato le quali però ci assicurano punte di eccellenze nel campo della moda e della pelletteria) non possiamo essere grandi competitori a livello europeo e nazionale. Il settore su cui puntare è invece quello agricolo a mio avviso per diversi motivi. A) primo tra tutti bisogna partire dalla conseguenza del settore primario ovvero il prodotto nel momento della consumazione: la cucina italiana è considerata l’eccellenza, è famosa in tutto il mondo per la bontà, qualità e creatività ma anche soprattutto economicità. Ciò che ha reso la pizza e la pasta famosi è proprio il rapporto qualità/prezzo: pizza e pasta sono le portate più economiche del menù e rappresentano la base dell’alimentazione. B) L’Italia è conosciuta per la qualità dei prodotti: abbiamo un grande controllo sui prodotti che invece non si ha negli altri paesi come per esempio la Spagna. Questo crea una doppia frizione perché se da una parte siamo produttori di eccellenze agroalimentari,  spesso perdiamo nella esportazione di massa visto che abbiamo forti limitazioni su OGM, conservanti, coloranti, edulcoranti ecc. Ottimo dato, direi perché questo ci permette di cavalcare l’onda del salutismo, incrementato dalle paure contemporanee di tumori e altre malattie. Effettivamente l’Italia presenta una longevità maggiore rispetto ad altri stati. Ottimo anche perché i prodotti sono buoni oltre che sani: la vista magari non viene appagata come nel caso degli OGM ma il gusto ne esce enormemente soddisfatto. C) La causa: il clima, il territorio e la cultura italiana si prestano ad incrementare l’azienda agricola. Essa è connaturata nella nostra cultura e mentalità ma soprattutto è incentivata e facilitata dal clima del nostro Bel Paese: inverni miti e mitigati dal mare, estati anch’esse miti e non particolarmente calde date dalla morfologia allungata e non continentale del nostro territorio (in Spagna, paese che possiamo comparare a livello di latitudine con l’Italia,  sono presenti molti deserti caldi e impraticabili proprio per la morfologia continentale). D) ultimo ma non da sottovalutare l’importanza della moda-cucina che sta dilagando negli ultimi periodi su Tv, Social Network, blog. Una delle più importanti blogger italiane, Chiara Maci ha fatto della sua passione lavoro così come molti cuochi sono ormai conosciuti non solo per i loro ristoranti ma anche per le loro creazioni. Ecco, mi sento di dire che possiamo fare di più da questo punto di vista: abbiamo le materie prime giuste, i prodotti adeguati e soprattutto la cultura e la creatività per avere più primati in questo settore: infatti i cuochi migliori del mondo contano un solo italiano e ben tre spagnoli. Tra l’altro la Spagna detiene il primato e la Danimarca (???) il secondo posto mentre noi ci dobbiamo accontentare di un bronzo 1- El Celler De Can Roca - Girona, Spain  - Best in Europe & The World. 2- Noma  - Copenhagen, Denmark. 3- Osteria Francescana - Modena, Italy. 4- Mugaritz - San Sebastian, Spain. Ecco, io ripartirei da qui perché nella cucina italiana si fonde settore primario (agricoltura), secondario (la gestione aziendale dei prodotti che dovrebbe essere potenziata: industria agroalimetare), settore terziario: turismo. En passant un’osservazione sull’incremento degli iscritti di Lingue (sintomo che i rapporti internazionali a livello europeistico e internazionalistico stanno diventando simbolo del futuro. Mezzi di comunicazione di massa, mezzi di trasporto sempre più veloci ed economici fanno sì che gli scambi tra Paesi diversi e lontani siano all’ordine del giorno) e sulla disfatta di Architettura (sintomo dell’impossibilità economica di comprare, arredare e sistemare architettonicamente gli immobili. Forse l’Italia dovrebbe puntare maggiormente sul restauro ma anche lì c’è una falla nel sistema dei finanziamenti e dei Beni Culturali) e di Farmacia (altro sondaggio recente dimostra che si è avuto un calo notevole nell’acquisto dei medicinali grazie alla rivalutazione dell’omeopatia e parafarmacologia nonché al miglioramento degli stili di vita).

2)      Ripartiamo da qui e non dal Vintage, please. Vespa, Piaggio, Delonghi non torneranno indietro. Ora ci sono Stati più competitivi e in gamba di noi. 
Miriam Di Carlo

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