lunedì 7 ottobre 2013

Su #PiazzaPulita, il servizio di Sortino e noi giovani

Sono reduce da un servizio su Piazza Pulita curato da Alessandro Sortino. Diffido, dopo tutti questo talk shows politici e politichesi, il servizio ammiccante, di facile presa, il sondaggio opinabile e scientificamente non provato (non si mostra mai su che base si rilevi il campione) ma la puntata di stasera ha reso con efficacia uno spaccato di vita con cui noi giovani siamo costretti a confrontarci ogni giorno.
Anzitutto siamo giovani e ciò che è emerso è che i giovani hanno bisogno di sperare, o almeno hanno bisogno di qualcuno che apra uno spiraglio sulla speranza. Franceschini ha criticato l’accostamento fin troppo facile tra politica e chiesa la quale è la sola che riesca in questo momento a dare una speranza. Effettivamente fino ad oggi, colui che ha dato una speranza è stato solo Berlusconi: ha dato la speranza della visibilità, della notorietà, del lustrino, dello status symbol (incarnato nella sua stessa persona, vista come il massimo idolo da raggiungere e raggiungibile) relegando ai margini della società la cultura, la sostanza, la morale e l’etica in tutti i campi. Ma chi aveva bisogno di questa tipologia di speranza? Chi ha votato questo modello di visione sul futuro? Ovviamente la generazione dei nostri padri: una generazione con genitori coinvolti nelle guerre mondiali, nati in contesti poveri o in cui non sia aveva grande benessere e che improvvisamente hanno visto una crescita economica spropositata rispetto al passato. Raggiunto un benessere omogeneo, la speranza non era più rappresentata da questo benessere quanto da qualcosa in più che arricchisse il leitmotiv del benessere: il modello di Berlusconi. E’ meraviglioso vedere che, nel servizio di Sortino, quei casting per il Grande Fratello che prima erano così piani di gente, ora siano decimati; che i modelli siano altri e che l’austerità non è più una regola, quanto una necessità di vita, che sposa la sobrietà.
Con grande rammarico, non si può non osservare che la generazione uscente, volente o nolente, si è fatta prendere da questo grande benessere e ci ha trasmesso valori e parametri sbagliati, ormai inadeguati alle esigenze di una nuova generazione di giovani che vorrebbe sperare in qualcosa di reale e concreto.

Che fa ogni giovane ogni mattina?
Si alza, si prepara la colazione, accende la televisione e scopre, con grande frustrazione che la disoccupazione giovanile cresce ogni giorno di qualche punto percentuale, che la crisi aumenta e strozza. Ora, con tutta la buona volontà, come fa un giovane a vivere la su vita a cuor leggero?

Quindi in fin dei conti siamo una massa di laureati, magari anche con più competenze tecniche, scientifiche e umanistiche rispetto ai nostri padri ma con l’incapacità di introdursi nella società e avere un posto indipendente perché c’è ancora una generazione che dovrebbe uscire e non lo fa, sebbene abbia garantiti ammortizzatori e servizi che probabilmente noi ci dimenticheremo un giorno che siano mai esistiti.  

Ma allora perché ci avete fatto studiare se poi non possiamo intervenire a salvare questa catastrofe che avete generato con il sopore passato della vostra ragione?
Miriam Di Carlo

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