martedì 23 aprile 2013

Il vintage del riuso responsabile e non il vecchio che avanza. Auguri ai Giorgi.




  
La lotta degli –ismi è cominciata.

Oggi è San Giorgio ed è ironico che le due più grandi personalità di riferimento della scena politica e religiosa italiana siano appunto due Giorgi: Giorgio Napolitano e Jeorge Maria Bergoglio, per gli amici di buona volontà papa Francesco. Anzitutto, auguri ad entrambi: c’è da lottare contro alcuni draghi.
Seconda cosa sono giorni che l’-ismo ha cambiato rotta: si è passato da berlusconismo, prodismo, morettismo (tutti derivati da nomi propri di persona), girotondismo, a parole antiche, ma quanto mai attuali secondo un riuso responsabile che ha tutti i toni del vintage: carrierismo, individualismo, tatticismo. Parole che descrivono come pennellate la situazione presente, denunciata e palesata dai nostri cari Giorgi. Ma cosa è successo? Se all’inizio del ‘900 gli –ismi in voga erano impressionismo, espressionismo, esistenzialismo, surrealismo, dadaismo e chi più ne ha più ne metta, ora non c’è più quella fecondità artistica che aveva inebriato la civiltà europea, no. Si è passato da denunciare una politica basata su singole personalità che hanno invaso la scena politica quali appunto Quello-lì[1], a constatare che questa politica ha marcito fino a decretare la decomposizione della stessa politica: anche la linguistica parla di realtà contemporanea.
E’ indubbio che stiamo in un momento di paralisi. In tutto. Paralisi istituzionale, paralisi economica, paralisi politica, paralisi lavorativa e paralisi affettiva. Ma perché? Che c’è alla base di questa paralisi? Fondamentalmente la paura. E’ come se fossimo circondati da un cerchio di morte per cui “il senso di solidarietà” che ha richiamato in gioco Giorgio N. sembra essere smarrito. E’ come se ogni seggiola del Parlamento fosse una mina e in questo campo minato non si sa dove mettere i piedi e quindi si sta completamente fermi e inermi aspettando la manna dal cielo. MA non è che funziona così la vita. Se fossimo sempre imbrigliati nelle nostre paure non usciremmo mai di casa, per il timore di prenderci un raffreddore, di incontrare qualcuno, di dover fronteggiare il traffico o quanto altro. Quello che vedono i nostri cari Giorgi è una prospettiva dall’alto: per il bene di tutti bisogna collaborare: una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso[2]. Stop. Basta recriminazioni, tweet lacrimogeni, post allucinogeni, interviste trasversali e randellate eventuali. Insomma siamo immobilizzati da un altro –ismo: il moralismo. E alla base del moralismo c’è il giudizio verso il mondo, verso tutti che non ci permette di entrare nella solidarietà. MA potrei dire che questo moralismo ha fondato solo distruttismo che prevede il NULLA.
Per quanto riguarda il discorso di Giorgio N. anche lì abbiamo un vintage di tutto rispetto: riuso responsabile. Se poi si pensa che Giorgio N. non ha nessun ghost writer che gli scrive i discorsi, beh, caro Giorgio hai quasi 90 anni, ma ci metto la firma se dovessi arrivare come te.
Ecco, così per il termine “inciucio"[3] Napolitano al minuto 32.30 del video http://www.youtube.com/watch?v=xKfp7dO8J2Y usa una serie di sinonimi: “Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse è segno di una regressione.”: cioè quello che dice Giorgio è che se non si collabora per paura di disattendere l’etica e la morale (nonché il giudizio) che si sono adottati verso se stessi non si va da nessuna parte. Ma la cosa che non hanno capito ancora tutte le forze politiche in campo è che corrisponde alla morale comune e dell’intera umanità la solidarietà e l’unione per il bene collettivo. Quindi o si va avanti tutti insieme o si rimane nell’eterno campo minato che è diventato Montecitorio. Con questo non dico che bisogna prostituire i propri ideali di partito per creare unioni ibride e che risulterebbero come minotauri sproporzionati, no. Bisognerebbe solamente collaborare per risollevare un intero paese: una paese che ha votato M5S, così come Pd, così come PdL (ahimè). Ahimè perché la causa di tutto ciò risiede nel frutto più aberrante del biennio 92-94 derivato dalla paura degli italiani che perdevano certezze: il grande creatore di belle ustioni sulla pelle dei baldi prodi. Il nuovo dato da notare nel discorso di Giorgio è una forza dell’io che non ha precedenti nella storia dei discorsi dei Presidenti della Repubblica: Giorgio ha un’identità ormai riconosciuta, richiamata in causa, che ha voce in capitolo, anzi può dirigere il capitolo “ne trattò le conseguenze” .
Ecco Giorgio è come Papà Castoro a cui i tre nipotini  http://www.youtube.com/watch?v=bNeAige6S7w chiedono di raccontare una storia: e la storia dell’Italia non è quella di Cenerentola, magari. E’ quella della Bella Addormentata nel bosco che, quando si è svegliata si è resa conto di aver fatto un bel po’ di casini.

Ps. Basta a terrorismo. Un dato evidente è dato dalle Quirinarie (-> vedi articolo sulle Quirinarie): un manipolo di  pochi aderenti hanno dato l’idea di una voce da onda anomala. Così come le notizie devastanti sul nostro futuro, la banca rotta e quant’altro: un terrorismo mediatico di cui, francamente non abbiamo bisogno. Alimentano le paure e rendono il campo minato ancora più minato: per andare avanti non abbiamo bisogno di questo, grazie. Che Grillo continui a pulire casa con la bava di lumaca o sostituire il gas con l’aloe vera, ma intanto consigli un buon parrucchiere a Casaleggio, per il bene collettivo.
Miriam Di Carlo.




          


[1] I redattori hanno deciso che, d’ora innanzi non verrà più usato il nome del cavaliere ma solo diciture quali Quello-lì o Tu-sai-chi o altre parafrasi. Ci scuserete ma tale nome altisonante non riflette la caratura morale dell’individuo.
[2] Cammeo che dedico a mia nonna: donna lucidissima e che l’avrebbe data a bere a 20 giovani pischelletti.
[3] Dal punto di vista dialettologico inciucio è una parola di origine napoletana (indi per cui viene spontaneo l’interrogativo: perché usata e abusata da un genovese?) che deriverebbe dall’onomatopea ciu-ciu: simulerebbe il parlare a bassa voce. Insomma come quando spettegolate su qualcuno o dite al vostro confidente durante una  riunione importante che vi fa male la pancia e dovete correre al bagno o quando chiedete se avete qualcosa tra i denti e vi puzza il fiato. 

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