giovedì 7 febbraio 2013

DERIVA ANTISOCIALISTA. ANALISI A TRE SETTIMANE DAL VOTO.

Monti invita Bersani a fare "scelte nel suo polo". Il leader di Scelta civica sembra non approvare il programma della coalizione di centrosinistra, che per molti versi è identico al suo. I centristi criticano la Cgil e Nichi Vendola in una versione meno rozza della retorica anticomunista che favorì l'irresistibile ascesa di Berlusconi. Questo scrive Barbara Spinelli sulla Repubblica di ieri 6 febbraio. Monti è stato protagonista di una salita in campo per rinnovare il suo impegno con gli italiani. Ha imposto rigore in ambito di finanza pubblica. Ha approvato un decreto sulle liberalizzazioni. Il decreto sul pareggio di bilancio. Il governo Monti è stato anche protagonista di una politica europeista convinta ed ha proposto l'approvazione di una Tobin Tax per quanto concerne il mercato finanziario europeo. 

Ora il senso di responsabilità del premier deve andare oltre. L'alleanza con il Pd è un patto imprescindibile per la crescita di questo Paese. Monti stima De Gasperi e per questo deve prendere il suo esempio, fare ciò che è più giusto per il Paese al momento. I centristi devono accettare un'alleanza con il centrosinistra a tutti i costi, e soprattutto una politica di maggiore giustizia sociale e di una più equa distribuzione delle risorse. Tutto questo perché probabilmente dovranno assicurare la maggioranza ad un centrosinistra che non potrà governare da solo. Il prossimo governo nato da questo strano connubio dovrà fare di tutto per rilanciare il potere d'acquisto del ceto medio. 

 Monti non può mettere però fuori dalla trattativa Nichi Vendola. Sel infatti viaggia verso il 6% di consensi: è una risorsa importante per la vittoria di Bersani, sia da un punto di vista numerico, sia da un punto di vista prettamente politico. Sinistra e Libertà è uno schieramento molto attivo verso il sociale ed una risorsa per il Paese. Monti fa un grave errore quando afferma di volere un'epurazione dell'ala più estrema, che poi tanto estrema non è. Alcune affermazioni dell'attuale premier sono state di maggiore estremismo. Monti è colui che ha parlato in estate di un governo che deve guidare per mano il Parlamento. E' colui che ha parlato di un mancato investimento da parte degli stranieri in Italia, proprio per l'esistenza dell'articolo 18. Io suggerirei al Presidente del Consiglio che, invece, la finanza internazionale ha poca fiducia di noi perché non abbiamo norme adeguate contro la corruzione. Bisogna fare una legge ad hoc per questo problema. Monti aveva anche tentato di vararla, ma è stato frenato da Berlusconi. E forse avrebbe fatto meglio ad approvarla, rischiando di cadere su quella piuttosto che rischiare la sfiducia questo dicembre. 

Mario Monti ha anche vergognosamente parlato di un Pd fondato nel 1921, anno della fondazione in realtà dell'ex-Pci. Sicuramente il Pd discende dal Partito Comunista, ma non è di certo paragonabile, in negativo, a quello di cui Togliatti era segretario; e nemmeno, in positivo, a quello di Berlinguer, che ancora era in contatto con i Sovietici, nonostante il suo segretario fosse un illuminato, progressista e allo stesso tempo moderato, uomo di puri valori. Monti ha parlato, in questo caso, davvero come un "Berlusconi con il loden", e lo dico citando Bersani. Ora veniamo al punto. Qual è il senso dello scambio di accuse tra Monti e Bersani? Cui prodest? Forse è un gioco delle parti, una commedia per rubare la scena politica al nemico comune. Ma visto che i due per governare quasi sicuramente dovranno allearsi, come tutti gli italiani sanno, forse non è meglio spostare il dibattito sul programma elettorale, svelandone le comuni affinità ed i punti di forza? 

Adesso purtroppo torno a parlare dell'ex-premier, quello lì di cui preferisco non pronunciare il nome. Ormai lui è finito. Ma i suoi avversari non possono concedersi il lusso di dargli altro spazio. Basta poco per metterlo definitivamente fuori gioco. I sondaggi più ottimisti per loro sono del 5 febbraio, e li fornisce Datamonitor. Alla Camera dei deputati, la coalizione di Bersani è al 33,6 % mentre la coalizione di centrodestra è al 28,4 %. Cinque cinque punti in meno. Ciò è da confrontare con il sondaggio di IPR Marketing, che porta lo schieramento dell'ex-premier al 28,6% mentre la coalizione di Bersani al 34,7%. Sei punti di differenza, cioè un abisso. 

L'ex-premier potrebbe contare qualcosa vincendo al Senato, dove il premio di maggioranza è su scala regionale. E lì per vincere dovrà conquistare la Lombardia in primis, ma anche la Campania e la Sicilia. Attualmente non ne vedo la possibilità. In Lombardia è ancora possibile una vittoria del centro-destra. Secondo il sondaggio di ieri 6 febbraio condotto da IPR Marketing, Bersani è al 34 % mentre l'ex-premier è al 33%, quindi solo un punto li divide. In Campania il centrodestra è indietro di tre punti. In Sicilia è avanti di un punto, al 34 % contro il 33% del centrosinistra. Nella migliore delle ipotesi, se l'ex-premier espugnasse le tre regioni in bilico, Pd e Sel non potrebbero mai ottenere una maggioranza al Senato, neanche alleandosi con il Centro montiano. Ma il Cavaliere non potrebbe governare comunque, non avendo la maggioranza alla Camera, e sarebbe costretto ad un governo di grande coalizione, di cui non potrebbe mai essere presidente del Consiglio. 

L'ex-premier ha poi, secondo me, sbagliato la campagna elettorale. In realtà le sue promesse utopiche sono sempre le stesse, e non da queste dipende il risultato della sua coalizione alle urne. Il problema è il medium. E in questo caso il medium non è il messaggio. Il Cavaliere cinque anni fa ha vinto le elezioni non solo perché non aveva un crisi economica da fronteggiare, ma soprattutto perché aveva ancora un'Italia dedita alla fruizione di contenuti televisivi. Oggi pochissimi guardano la tv generalista. E meno ancora i giovani. Tutti invece utilizzano Facebook, Twitter e YouTube. E' vero che l'ex-premier non potrebbe controllare queste compagnie americane, così come ha potuto fare per la tv finora. Ma perché non puntare sulla pubblicità tramite internet? Ho visto finora pochissime suoi spot in rete. Il Cavaliere è uno dei più ricchi d'Italia, ma ha scelto nuovamente di promuovere il suo movimento politico in tv. Al contrario il Pd e Monti comunicano con i loro elettori quasi esclusivamente tramite il web. Ed anche per questo, da un punto di vista mediatico, sono molto più credibili.

La morte del medium tv è la tomba stessa del Caimano. Ma il Pd e Monti hanno una grande responsabilità entrambi, di non resuscitare un morto. E l'unico modo per farlo è fare insieme, dopo le elezioni, una politica sociale che sconfigga la demagogia. I centristi devono ben tenerlo in mente. Altrimenti questa deriva antisocialista sarà la deriva dell'Italia. 

 Marco Di Caprio.

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