martedì 29 ottobre 2013

Roma, sede del potere.

La sindrome di Babe maialino coraggioso nasce proprio nell’uomo provinciale che arriva a Roma. Babe diventa coraggioso nella sua ingenuità e rimane sbalordito nel vedere un vortice di eventi alla Bruegel, in cui egli mantiene sempre il suo punto di vista basso, da maialino.

Ma che cos’è Roma? L’oggetto-Roma è definibile?
Roma è tanta, eccessiva, fastidiosa, appiccicosa e spavalda. È sempre stata così, fin dai tempi degli antichi romani e da 2000 e passa anni continua a essere forza centrifuga e centripeta di sapori, colori, culture e classi.
Del tipo.
Vado a svolgere delle commissioni burocratiche al centro di Roma. Prendo il mitico autobus 87 che passa davanti a Palazzo Madama. Scendo. E in quale altra città del mondo accade che, nel bel mezzo del traffico lavorativo, arriva una sfilza di macchine con i vetri oscurati, sfilano davanti a mitra scintillanti per il sole anacronistico di un ottobre estivo, una serie di politici in giacca e cravatta scortati, mentre immediatamente nel girone affianco (Piazza Navona) si celebra il carnevale della vita, con saltimbanchi che gonfiano palloncini, filippini in fuga con cartoni sotto braccio, pittori naifs che vendono repliche di repliche di quadri, orchestrine jazz che snocciolano note a colpi di ritmi invasivi e coinvolgenti, il tutto condito con oggetti volanti che vengono venduti insieme ad antistress buttati per terra con fare aggressivo? Cosa è successo nel ventre molle dell’Europa? Niente di diverso dal periodo barocco. A ricordarcelo c’è proprio quella fontana al centro di Piazza Navona in cui un ambizioso Bernini pose le statue dei quattro fiumi concretizzando nelle espressioni e gesti delle personificazioni, la contesa, la sfida e lo sprezzo per il genio del Borromini, accennato a tinte sobrie nella facciata di Santa Agnese in Agone. Roma non è cambiata: latina, rinascimentale o barocca, ebrea ed esotica, di Cagliostro e di Caravaggio che sia, essa racchiude in sé quel sentimento duplice di fastidio e di amore.

Del tipo.
Dopo una giornata stancante ti ritrovi ad aspettare l’ennesimo autobus che non passa davanti Santa Maria Maggiore. La guardi e, tra clacson, odori, puzze e profumi, pensi che la vista è appagata da così tanta bellezza. Trovare l’equilibrio nel caos e nel traffico di Roma, nei tempi devastanti di Roma che si dilatano nelle attese e si concentrano in maniera funambolica e rocambolesca nel resto della giornata, si può nella bellezza che essa propone in maniera spregiudicata, appianando tutti i fastidi interni in un grande senso di piacevolezza collettiva. Trovare l’equilibrio a Roma si può, perché tra il mosaico del tutto, c’è sempre uno scorcio pronto a prenderti e riportarti verso l’amore per questa città. Poi torni a casa dopo un’ora e tre quarti e pensi: ma Roma è il Bangladesh! E che cavolo…

Miriam Di Carlo

lunedì 28 ottobre 2013

LOU REED'S SUNDAY MORNING.

Sunday morning praise the dawning. [...] Watch out, the world’s behind you there’s always someone around you who will call’, We can’t even imagine how many times people around the world sang this words. A lot of people doesn’t know the personal biography of the man who wrote it. 

Lou Reed (born Lewis Allan Reed), 71, passed away yesterday – and it’s ironic – on Sunday morning. I don’t even realize, time flies, few years ago I was just 19 and now I’m 70′ Reed said at Cannes Film Festival on March. Lou Reed was not a songwriter of pop songs. He composed the music of The Velvet Underground & Nico, a masterpiece which made rock art music. Distorted sounds in which avant-garde culture meets Medieval music, lyrics that reminds us of Ancient Occitan poetry instead of freaks and hippies. This album belongs to the slums, to the underground, it shows dark feelings which remind us of serial music and avant-garde jazz à la Cecil Taylor. It has a little in common with popular music. On the cover Warhol’s banana is now a worldwide cult symbol. 


The Velvet Underground & Nico influenced not only American culture but changed modern music the way Beethoven and Verdi changed the 19th century music. It’s my favorite album as well, it changed my life and changed my thoughts about modern music and culture. For me now music is essential to live life, a peaceful ‘shelter’ in which I find serenity and meditation. Reed’s personal life showed not only drug abuse and an extreme behavior, but the Dionysian spirit Nietzsche spoke about. His art was about city ​​chaos, it blamed an existential angst, personal and social angst, in which Freud and Jung were linked to Joyce’s Ulysses and T.S. Eliot’s Waste Land. The 20th century belonged to many important scientists and artist, and luckily it belonged to Lou Reed as well. 

 Marco Di Caprio

domenica 27 ottobre 2013

ADDIO A LOU REED: DEAD ON SUNDAY MORNING, VIVO PER SEMPRE.

'Sunday morning praise the dawning. [...] Watch out, the world's behind you there's always someone around you who will call', chissà quante volte queste parole sono risuonate nella mente di tantissimi nel mondo intero, molti dei quali neanche conoscono la storia personale di colui che le ha scritte. E' morto stamattina Lou Reed, questa domenica mattina per ironia della sorte. Aveva detto l'anno scorso, festeggiando il suo 70esimo compleanno, che non se n'era neanche accorto, il tempo è passato in fretta. Lou Reed non è un mero cantautore da operetta e da cabaret. Ha composto la maggior parte delle canzoni di The Velvet Underground & Nico, un capolavoro che secondo me ha reso il rock musica d'arte. Suoni dissonanti in cui la cultura avanguardistica incontra la musica medievale, testi che ricordano le liriche di Bernart de Ventadorn piuttosto che la cultura degli anni Sessanta.

Un album che proviene dai bassifondi, dal sottosuolo, pervaso da un'atmosfera sinistra che ha maggiori legami con la musica minimale di stampo colto piuttosto che con la musica popolare. Sulla sua copertina la famosa banana di Andy Warhol, simbolo di virilità. Quest'album ha influenzato moda e costume, ma che ha soprattutto segnato una svolta epocale così come è accaduto per la musica di Beethoven e di Verdi nell'Ottocento. Non nascondo che è anche il mio album preferito, il disco che mi ha cambiato la vita e che ha cambiato la mia visione della musica contemporanea e dell'arte in generale. La musica come strumento indispensabile per vivere e la fruizione artistica come esperienza onirica in cui trovare rifugio dalla grossolanità del mondo esteriore.

Anche la sua carriera da solita è stata una lunga ode agli eccessi, allo spirito dionisiaco, al caos metropolitano, ma anche una sofferente denuncia di un profondo disagio esistenziale, disagio individuale e allo stesso tempo collettivo, in cui Freud e Jung dialogano con il Joyce dell'Ulisse e l'Eliot della Waste Land. Il Novecento è il secolo di grandi scienziati e di artisti unici, e per fortuna è stato anche il secolo di Lou Reed. 


Marco Di Caprio.

lunedì 14 ottobre 2013

Complimenti a Miriam!

La redazione di Generazione Perduta si congratula con Miriam Di Carlo per la sua ammissione al dottorato di ricerca in Italianistica all'Università di Roma Tre.

giovedì 10 ottobre 2013

La paura outcoming e incoming dell'Italia cavalcata da Grillo.

Il giorno in cui apprendo del grande successo in Francia del Movimento Nazionale, comincio a capire quanto l’Europa, soffocata dall’economia mondiale stia diventando, nelle varie manifestazioni nazionali, xenofoba, esterofoba, violenta verbalmente e fisicamente. Hollande è preoccupato. Ma caro Hollande, che dovrebbe dire l’Italia?
Infatti proprio oggi esce un nuovo post di Grillo dal titolo “Reato di clandestinità”[1]. Tutti si meravigliano, tutti esprimono il proprio diniego. Ma da un Movimento che faceva l’occhiolino a Casa Pound, quale proposta alternativa si poteva avere? Una precisazione: da notare, con grande gioia che l’opinione dei due capoccia non corrisponde con quello degli onorevoli e senatori a 5 stelle, i quali hanno dimostrato di essere coerenti con i principi umanitari di cui credevano essere portavoce. Eh, no. Non ci siamo. Grillo lo ha ribadito più volte nei suoi comizi: Beppe ha mostrato la volontà di chiusura dell’Italia, su diversi fronti. Vediamoli:

-          Prima cosa la chiusura dell’Italia verso l’Europa (politica anti-outcoming). La paura di essere schiacciati dalla Germania, ha indotto Grillo, secondo un’analisi semplicistica e con ottica prettamente europeistica ma anche senza un minimo di visionarietà sul futuro, a proporre una chiusura all’euro entrando di nuovo alla Lira. In un primo momento devo essere sincera che mi sono quasi persuasa di questa soluzione, perché leggendo articoli di alcuni economisti avevo notato quanto l’Italia guadagnasse da questa scelta. Ma il problema è un altro. Ormai l’Italia non è niente se non c’è l’Europa. E questo non vale solo per l’Italia ma per tutti gli stati dell’Unione Europea. Guardiamo un attimo un mappamondo. Quanta superficie ha l’Europa? Quanta crisi sta avvertendo l’Europa? I paesi che stanno dimostrando capacità e risorse economiche non sono solo Cina e Brasile ma tutti gli altri Paesi in via di sviluppo, i quali, consapevoli della grande debolezza dell’economia occidentale stanno entrando in gioco, e velocemente. Ora, con questi colossi che si affacciano e crescono sempre di più (e noi contribuiamo ad alimentarli poiché i prodotti cinesi sono molto più economici di quelli italiani), che opportunità ha l’Italia senza l’Europa. Se qualcuno di buona volontà riesce a spiegarmelo ne sarei felice. L’Italia, da sola con il settore moda e la gastronomia? Un settore automobilistico che investe all’estero, l’Alitalia che non esiste, gli altri campi industriali fagocitati, e scusate…ah, sì. Il famoso artigianato italiano. Ma dove andiamo? Se non uniamo le forze di tutti gli stati europei, finirà che l’Europa sarà il grande relitto del Mondo, messo sotto vetrina solo per andare a vedere il passato di una civiltà antica. E da questa osservazione si può capire che, a mio avviso, anche in un futuro, la vera forza dell’Europa e dell’Italia in particolar modo è il Turismo. Come ha acutamente osservato Diego Della Valle[2] (uno dei pochi imprenditori italiani che sappiano il loro mestiere applicando un’ottica trasversale) bisogna ripartire dal turismo per rilanciare l’Italia in Europa, e l’Europa nel mondo. Se poi ci chiudiamo, ecco che diventeremo automaticamente la Calabria dell’Europa.  E il rudere antico del Mondo.
-          Seconda chiusura dell’Italia verso l’immigrazione (politica anti-incoming). La paura economica cavalcata da Grillo nella precedente affermazione, ritorna anche nel post di oggi nella denuncia all’abolizione del reato di clandestinità. Una domanda che mi sono sempre fatta ascoltando Grillo e la Lega: si può fare politica usando le paure dell’uomo?[3] Grillo appare convincente a tutta quella popolazione che non riesce a sostenere economicamente la propria vita: li chiama personalmente davanti al tribunale del voto al M5S. Il concetto basato sul perbenismo e cieco egoismo è: gli extracomunitari lavorano, gli italiani no, perché dobbiamo tenere questi a casa nostra, perché dobbiamo accogliere persone che ci tolgono quello che è nostro? Caro Grillo, il diritto umano è solo tuo? Caro Grillo, la terra è solo tua? Caro Grillo non fai parte di un’umanità o non ti riconosci nell’uguaglianza dei popoli? Caro Grillo non pensi che tu sei stato molto fortunato e furbo ad avere tutti gli agi che hai e che invece ci sono persone che vivono in paesi terribili in cui non hanno mai vissuto pace politica o pace economica? Caro Grillo, sei investito dall’alto per decidere chi deve vivere e chi no? Cosa cambia dal “farsi i fatti propri” del berlusconismo? Che Berlusconi lo faceva semplicemente con la sua villa e che ora tutta l’Italia lo fa con gli altri paesi secondo il principio: sto in difficoltà, andate a cagare tutti perché devo sopravvivere solo io? Un calcio di qua e un calcio di là, via qualche diritto umano, adottiamo qualche diritto europeo, facciamo un ritaglio di qua, cerchiamo di progredire così. E invece dietro si nasconde la più grande involuzione umana, la cecità dello Stato chiuso per paura, l’incapacità di considerare l’intera umanità nella sua completezza, complessità. Non si tratta di fare i perbenisti. Si tratta di essere umani, concetto e sentimento che a vedere dalle manifestazioni di Casa Pound nel quartiere Vittorio Emanuele di Roma, è stato completamente dimenticato. Una paura intrinseca dell’uomo, quella di perdere la propria identità e di perdere in generale ha cavalcato la crisi economica del momento abbinandosi alla paura della mancanza di denaro.
Sono dell’idea che calpestare i diritti fondamentali di un qualsiasi essere vivente attraverso una legge che renda lecito il danno etico a causa del problema materiale dell’uomo sia la più grande illusione che possa portare l’uomo nel buio.
 Miriam Di Carlo



[1] Accanto potrete comprare anche il nuovo libro di Gianroberto Casaleggio che, dopo l’intervista concessa a Oggi o Chi (non frequento questi giornali) invia il suo nuovo messaggio alle nuove generazioni attraverso un’ironica stigmatizzazione della propria vita. Come se l’ironia possa eludere dall’impressione che ci sia dietro un intento quasi mitico. Gianroberto, ma prima di questo, chi eri?
[2] Diego Della Valle ha recentemente sovvenzionato i lavori di restauro del Colosseo. Ora pensateci…il simbolo nazionale italiano, che ha 2000 anni, ristrutturato. Bene, che sia uno stimolo di rinascita dell’Italia intera.
[3] Alla fine persino Berlusconi ha fatto leva sulla speranza. Su una speranza cieca e illusoria, priva di senso e completamente vuota ma ha puntato su una speranza: la visibilità glitterata dell’uomo e il condono delle proprie inettitudini morali. 

mercoledì 9 ottobre 2013

L'UNICO MODO PER NON RISOLVERE UN PROBLEMA.

Napolitano parla di indulto e di amnistia per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. L'ultimo indulto del 2006 è stato proposto per lo stesso motivo dal centrosinistra ma votato da entrambi gli schieramenti. In questa legislatura amnistie e indulti potrebbero non avere i numeri, soprattutto perché questo Parlamento non è più bipartito in due grandi schieramenti. 

Grillo afferma che il provvedimento potrebbe salvare Silvio. Questo scenario non è improbabile: nonostante Quello lì abbia contribuito alla rielezione di Napolitano, il Capo dello Stato non ha fatto nulla per ricambiare il favore. Il Presidente avrebbe potuto concedergli la Grazia, che è un provvedimento rischioso da un punto di vista mediatico. Un'eventuale amnistia o un indulto per alcuni tipi di reato potrebbero avere un impatto diverso perché non sarebbero ad personam, solamente verso la persona di Silvio. Mai però sono mai state amnistiate pene di 4 anni per frode fiscale: Napolitano potrebbe favorire con Quello lì tanti altri frodatori in un Paese già devastato da un'evasione che non ha pari nell'Europa occidentale. 

Se - come ci auguriamo - il provvedimento davvero non favorisce Silvio, d'altro canto non sono amnistie o indulti le giuste soluzioni per risolvere il problema delle carceri. Come potrebbe evitare il sovraffollamento un indulto ogni 6-7 anni? Perché rendere la libertà ai frodatori e agli evasori - seppure condannati per un periodo breve? Non sarebbe meglio punire con pene severe gli evasori, se sono proprio questi a non pagare le imposte che ci servono per ampliare carceri e dare migliori condizioni ai carcerati? Perché sfollare le carceri concedendo la libertà a chi sottrarrà fondi e contribuirà al loro affollamento?

Marco Di Caprio.

martedì 8 ottobre 2013

Le colline periferiche o le langhe dei destini incrociati.

[Recensione del blog di scrittura creativa 'Le colline periferiche' di Marco Mastrandrea]

 Le colline periferiche, non quelle delle Langhe, non quelle delle epiche battaglie dei partigiani. Le Langhe dei disgraziati, dei derisi, degli sconfitti, di coloro che non hanno voce. Un caos metropolitano che diventa armonia in luci accecanti e soffuse nel loro sottile bisbiglio. Il linguaggio di Marco Mastrandrea è “empatia nuda, notturna, sorrisa”, è un lamento che fende un cosmo nel cassetto dell’uomo di metropoli, un anonimo e grigio narratore che combatte l’epica battaglia del darwinismo sociale. L’ironia è lo strumento principale di questa lotta, che ne corrode la serietà, che mette in dubbio il narrato come se fosse al limite del credibile la narrazione stessa. Le narrazioni sono molteplici, dinamiche, e in un caleidoscopio di immagini ci immettono in un mondo sorpreso nel suo farsi e nel suo disfarsi. “Ecco la morte. La nascita. Tutto ha inizio e fine in noi. […]l'inizio e la fine sono utili e necessari per tutti gli intrecci, i romanzi; sono armi sfruttatrici deploranti di libertà.” Il narratore, in un universo multicolore e caleidoscopico, è sballottato in immagini di cui percepisce solo il bianco e il nero, un universo a cui manca il colore, in cui il colore è finzione.

  L’artificio è unica autentica espressione di sé, la menzogna è unica vertà in un’esistenza inconsistente, priva di spessore, in cui vince chi sa ingannarsi “Ha vinto chi, scordandosi i romanzi, godendosi il piacere di una commedia priva di un inizio e di una fine. Ha rinunciato a Dio, fatto a pezzi il suo cognome.” I romanzi sono troppo tristi, perché riflettono troppo sul legame tra arte e vita, mentre l’unica soluzione per vivere, e forse non-vivere ma solamente esistere, sembra quella di tenere inscindibilmente collegate arte e vita. Meglio non scomporre i colori, meglio non interrogarsi sulla natura del bianco e del nero. Ma la commedia e le maschere corrodono l’umanità dei personaggi che le indossano: l’unico rimedio per sopravvivere è recitare un altro ruolo e diventare altri.

  La pazzia aliena e rende scarni i colori del mondo fino a far annegare il bianco dell’illusione nel nero che tutto inghiotte e avvolge nel suo oblio. Ma se “qualcuno è salito sulla luna, per pescare latte e formaggio” è sopravvissuto, mentre ha lasciato a deperire i poveri disgraziati che marciscono tra i liquami putrescenti di alberi spezzati. Il narratore dei racconti di Marco Mastrandrea sale alla luna a pescare latte e formaggio, ma pesca anche un’umanità che annaspa nella sua impotenza e nel suo dolore atono in vicoli ciechi e sentieri impervi. Un sentiero dagli alberi spezzati e contriti dallo smog in cui Calvino sembra incontrare Pavese.

 La landa metropolitana non è meno epica delle Langhe, un castello di destini incrociati, raggomitolati e raccolti nel truce lamento del cielo estivo, ormai autunnale, che dissolve i suoi personaggi. “Hanno i capelli scuri piangenti, la pioggia è dentro di loro”, sui loro visi i colori sono incupiti e liquefatti, il trucco è scollato, il colore che cela la verità si scioglie e lascia una finestra sul vuoto, sul nulla e sulla coazione del nulla, ben esemplificata da una promessa rinnovata e mai mantenuta (“Lui non l’accompagnò, non lo faceva mai. Diceva che presto l’avrebbe raggiunta per sempre”).

 Marco Mastrandrea sottolinea con la sua ironia la tragicità dell’inferno metropolitano, costretto in bolge tra letame, pece e liquami, in una farsa carnevalesca che non pretende di comunicare nulla, se non uno stridente lamento soffocato tra vibranti e ossessivi rumori di un’umanità spenta, corrotta e ripiegata su se stessa. La forma del racconto breve, che molto ricorda quella impiegata da Carver nei suoi Racconti – condensa in sé tutta la tragicità e il nichilismo del viaggio di un narratore che senza meta si addentra negli antri di boschi e colline periferiche con nessuna certezza, e che con un velo dell’ironia mente a se stesso.

  Marco Di Caprio.

lunedì 7 ottobre 2013

Su #PiazzaPulita, il servizio di Sortino e noi giovani

Sono reduce da un servizio su Piazza Pulita curato da Alessandro Sortino. Diffido, dopo tutti questo talk shows politici e politichesi, il servizio ammiccante, di facile presa, il sondaggio opinabile e scientificamente non provato (non si mostra mai su che base si rilevi il campione) ma la puntata di stasera ha reso con efficacia uno spaccato di vita con cui noi giovani siamo costretti a confrontarci ogni giorno.
Anzitutto siamo giovani e ciò che è emerso è che i giovani hanno bisogno di sperare, o almeno hanno bisogno di qualcuno che apra uno spiraglio sulla speranza. Franceschini ha criticato l’accostamento fin troppo facile tra politica e chiesa la quale è la sola che riesca in questo momento a dare una speranza. Effettivamente fino ad oggi, colui che ha dato una speranza è stato solo Berlusconi: ha dato la speranza della visibilità, della notorietà, del lustrino, dello status symbol (incarnato nella sua stessa persona, vista come il massimo idolo da raggiungere e raggiungibile) relegando ai margini della società la cultura, la sostanza, la morale e l’etica in tutti i campi. Ma chi aveva bisogno di questa tipologia di speranza? Chi ha votato questo modello di visione sul futuro? Ovviamente la generazione dei nostri padri: una generazione con genitori coinvolti nelle guerre mondiali, nati in contesti poveri o in cui non sia aveva grande benessere e che improvvisamente hanno visto una crescita economica spropositata rispetto al passato. Raggiunto un benessere omogeneo, la speranza non era più rappresentata da questo benessere quanto da qualcosa in più che arricchisse il leitmotiv del benessere: il modello di Berlusconi. E’ meraviglioso vedere che, nel servizio di Sortino, quei casting per il Grande Fratello che prima erano così piani di gente, ora siano decimati; che i modelli siano altri e che l’austerità non è più una regola, quanto una necessità di vita, che sposa la sobrietà.
Con grande rammarico, non si può non osservare che la generazione uscente, volente o nolente, si è fatta prendere da questo grande benessere e ci ha trasmesso valori e parametri sbagliati, ormai inadeguati alle esigenze di una nuova generazione di giovani che vorrebbe sperare in qualcosa di reale e concreto.

Che fa ogni giovane ogni mattina?
Si alza, si prepara la colazione, accende la televisione e scopre, con grande frustrazione che la disoccupazione giovanile cresce ogni giorno di qualche punto percentuale, che la crisi aumenta e strozza. Ora, con tutta la buona volontà, come fa un giovane a vivere la su vita a cuor leggero?

Quindi in fin dei conti siamo una massa di laureati, magari anche con più competenze tecniche, scientifiche e umanistiche rispetto ai nostri padri ma con l’incapacità di introdursi nella società e avere un posto indipendente perché c’è ancora una generazione che dovrebbe uscire e non lo fa, sebbene abbia garantiti ammortizzatori e servizi che probabilmente noi ci dimenticheremo un giorno che siano mai esistiti.  

Ma allora perché ci avete fatto studiare se poi non possiamo intervenire a salvare questa catastrofe che avete generato con il sopore passato della vostra ragione?
Miriam Di Carlo

sabato 5 ottobre 2013

Gli smemorati.

Eppure servirebbe un po’ di memoria. Non una grande memoria. Giusto un pizzico. Quel tanto che basta per dire al presidente del Consiglio che commenta “un grande” quando “quello lì” (per dirla alla Marco Di Caprio) che ha salvato il governo dal baratro è lo stesso che l’ha messo in crisi sulla questione IVA. L’aumento dell’Iva previsto e concordato dalla maggioranza di cui sempre quello lì ha fatto parte nella precedente legislatura. E per quello lì, c’è bisogno ancora di memoria: toglie l’Ici, vota a favore dell’Imu, fa il pazzo se non si cancella l’Imu sulla prima casa. Ma di quello lì, ne siamo tutti stufi.
Eppure servirebbe un po’ di memoria, potrebbe salvare vite umane. Con un pugno di coerenza dopo la commozione di fronte alla morte di più di 200 migranti chiederemmo l’abrogazione della legge Bossi-Fini. E nessuno accetterebbe il lutto nazionale per i morti in una tragedia dove i sopravvissuti sono indagati per immigrazione clandestina. E chi apprezzerebbe una dichiarazione del genere del presidente Letta: "I morti di Lampedusa da oggi sono cittadini italiani" quando per legge, i vivi sono colpevoli del reato di “clandestinità”?
Ma è noto che siamo un popolo di smemorati. Se avessimo soltanto un pizzico di memoria, forse, avremmo spento da tempo le tivvù, forse, qualche piazza si sarebbe riempita con dignità e forse dopo il pianto saremmo passati all’azione.
Marco Mastrandrea.

La tragedia ai tempi del Social Network


La tragedia ai tempi del social network assume una piega inaspettata, riesce a dipingere in maniera incredibilmente puntuale uno spaccato di società, che è quella degli utilizzatori delle nuove tecnologie. Giovani in particolar modo, ma non solo, riuscendo a dare in qualche modo l'idea di quello che veramente pensa la gente comune. Trecento e più poveri disperati ingoiati dal mare riescono a mettere a nudo l'emotività delle persone, la compassione e la cattiveria, mettendo un accento sulla cosa peggiore, che è l'indifferenza. Se guardi con attenzione quello che scrivono i tuoi "amici" (virgolettato perché poi ne saluterai si e no 50 su 600 o 700) in una giornata drammatica come quella di ieri ti accorgi di molte, forse troppe, cose. C'è la tanta tristezza e compassione, che per fortuna identifica ancora in modo forte gli italiani tutti (dicano quel che vogliono i cinici ma è così, non ci piove), che la fa da padrona. Chi aderisce al lutto non dicendo nulla ma mettendo una foto o un articolo, chi scrive frasi sue, chi scrive frasi spacciate per sue ma che non lo sono, ma fa lo stesso. C'è chi intavola discussioni su come evitare (magari fosse così semplice) il ripetersi di una simile ecatombe, chi addita questo o quell'altro responsabile, tutto legittimo, nello specifico il target più gettonato è l'assassina Boss-Fini. Poi ci sono loro... e non sarebbe da aggiungere altro ma qualcosa voglio aggiungere: loro sono quelli che pensano che ci siano morti divisibili per provenienza, razza, idea, colore e livello sociale. Sono quelli che traggono gran parte del loro sapere dalla millantata rete, il cui grado risultante di acculturamento che ne deriva è direttamente proporzionale all'idiozia dei post che pubblicano. Ci sono quelli che elencano altre tragedie di cui ci dovremmo per vari motivi vergognare, dicendo amabilmente che quelle si che meritano il lutto, non quei poveracci saliti su una catapecchia galleggiante per venire a rubarci il lavoro (per inciso è pressoché inutile stare a parlare del fatto che molti di loro hanno parenti nel nord Europa che vorrebbero raggiungere, questa discussione richiederebbe un po’ di comprendonio in più). Ci sono ragazzini che da poco hanno preso la patente, magari facendo i quiz su una App di un costoso I-pad, che pretendono di sindacare sulla vita e le speranze di altri ragazzi che alla loro età sono già sfuggiti alla guerra, hanno attraversato a piedi il Sudan e parte della Libia, sono finiti prima nei centri di riconoscimento, poi in galera per qualche mese vedendo le proprie amiche stuprate e i propri amici pestati un giorno si e l'altro pure, poi sono stati presi e, dopo aver speso fino all'ultimo centesimo dei loro miseri averi, sono stati messi su una bara galleggiante per una settimana finché hanno trovato la morte in fondo al Mediterraneo... su questo pretendono di sindacare. Poi ci sono quelli a cui un non precisato ricongiungimento astrale (unito ad un bel po’ di consensi a dire il vero) ha dato una carica istituzionale che invece di rispettare ed onorare ricoprono di escrementi scrivendo frasi che non meritano di essere riportate, facendo analisi folli e senza alcun senso, allo scopo di provocare probabilmente, ma finendo in maniera diretta ed inequivocabile nel girone dell'inumanità. Poi capita anche che in questa categoria di soggetti ci siano anche insegnati e presunti educatori, gente che dovrebbe insegnare ai bambini il rispetto e la compassione per chi soffre e che invece, nel corso della propria misera esistenza, questi principi non è riuscito neanche a metterli dentro se stesso... E infine c'è quello che fa jogging sulla spiaggia di Ragusa, passando ad un metro dai morti coperti dal lenzuolo bianco... tira dritto impassibile, neanche si volta a guardare, forse l'immagine peggiore di queste tremende giornate di inizio ottobre...
Mauro Presciutti


venerdì 4 ottobre 2013

GOD SAVE THE STATUS QUO.

La fine di Berlusconi potrebbe coincidere con la rinascita di una forza cosiddetta 'moderata' (come la vecchia Dc) che intende mantenere lo status quo in contrapposizione ad altre forze politiche che intendono innovare dal profondo, con punte di estremismo. La politica italiana è un eterno ritorno, un continuo déja-vu. La marca indietro del Cavaliere è un momento di riflessione e riorganizzazione. Ora però è palese che non c'è più futuro politico per lui: Quello lì dovrà accettare la decadenza e trasferirsi agli arresti domiciliari dove sprofonderà nell'oblio. Ma non rinuncerà ad avere voce in capitolo nella cosa pubblica tramite il Pdl e Angelino Alfano. 
La caduta del Governo Letta avrebbe portato i seguaci di Berlusconi nel baratro con lui, mentre ora il Pdl riacquista un dibattito interno plurale. E' anche vero che potrebbe essere un bluff per conferire una veste di rispettabilità al suo delfino, un modo per dargli visibilità in vista di una futura leadership. Berlusconi è politicamente fallito, ma le sue aziende non lo sono ancora: Quello lì deve posizionare al governo uomini fidati che possano salvarle dal baratro della crisi. E se il governo cade, dovrà disporre di un candidato forte da opporre a Renzi: Alfano è l'unico che possa rivestire questo ruolo. 
Letta e il delfino di Quello lì potrebbero insieme formare una nuova forza di centro, che rinnovi gli interessi della vecchia e corrotta classe politica: per descrivere l'attuale situazione politica, vorrei parodiare un pezzo dei Sex Pistols: 'God save the status quo and no future for you. Nessun futuro per te, soprattutto se sei under 30. 

Marco Di Caprio.

giovedì 3 ottobre 2013

Cronaca di strada di una giornata.

Abbiamo deciso, non senza interno travaglio di esprimere un voto di fiducia a questo governo”.

“Ha detto sfiducia?”

“No, a me me pare fiducia”

“Ma che davero?”

“eh, me sa de sì”

“Ma n’se pò rimannà ‘ndietro?”

“Eh, no, ‘n se pò”

“No, ha detto fiducia, guarda Angelino, tutti ridono, n’è possibile”

“Spè moh se mette a piagne…”

Questa è la cronaca di una giornata romana. Un paese incredulo. Un uomo che parla con plurale maiestatis quando ha deciso da solo, giocando l’ultima carta del martirio per la Repubblica. Un modo per rimanere a galla si trova sempre: è un fantasista. Probabilmente verrà ricordato dai fedelissimi come colui che offrì il capo per la propria patria.
Ma continuiamo.

“E mo’ che succede?”

“e che ne so’ fijo mio, nun ce penzamo che famo mejo”

“ma hai visto ier zera Cicchitto che j’ha detto a Sallusti?”

“ma chi a Nosferatu?”

“Si…j’ha detto porti jella”

“Toccamose e annamo avanti fijo mio”

“Toccamose e annamo avanti”

“Che Dio ce la manni bbona”

“E che magari se levamo quel testa de c*** de B. dalle p***”


“Amen”

"Amen"

martedì 1 ottobre 2013

No finirò questo articolo nella disperazione. Tutt'altro.

Obiettivamente non è possibile spendere ulteriori parole circa la situazione presente. E’ la situazione peggiore in cui l’Italia abbia versato da quando si è avuta l’unificazione. Un’istituzione politica ormai spappolata, senza più risorse, credibilità interna ed estera; un potere avviluppato nella burocrazia, intempestivo, farraginoso per ruggine incancrenita negli anni, nelle legislature senza mai aver attuato un minimo di pulizia; un linguaggio non linguaggio, fin troppo poco persuasivo di tutti i politici; un paese, l’Italia, piegato in due davanti all’economia mondiale ed europea in cui perde per mancanza di metodo, di strategie convincenti e soprattutto di coerenza economica, che è quella che rende stabile l’investimento estero sui nostri mercati; appunto, mercati quasi assorbiti completamente dalle tasse, tasse sui capannoni industriali, tasse sui prodotti e un paese che non gira ma è cristallizzato da un gelo interno; una generazione, la nostra, di ragazzi che vedono i propri padri pieni di sicurezze, che percepiscono qualcosa (uno stipendio, una pensione, qualcosa insomma), e se stessi completamente incapaci di poter almeno un giorno, gustare un minimo di quelle certezze. Un paese che si fonda sul lavoro dei sessantenni e che imbriglia i giovani. Infrastrutture mandate alla deriva come nel Medioevo e ammortizzatori sociali che si stanno estinguendo. Noi giovani vediamo il nostro futuro essere mangiato e consumato dalle generazioni avanti a noi, spesso egoiste e chiuse. In tutto questo scenario terribilmente apocalittico (non romanzato ma reale), c’è un uomo che continua a immobilizzare il paese perché non vuole accettare che è stato la rovina dell’Italia. Rovina in tutti i sensi: morali, politici, etici e soprattutto con effetti sul futuro…che adesso è il nostro presente.
L’organizzazione e il metodo sono sempre stati i nostri talloni d’Achille.
L’interesse del proprio è sempre stato motivo di rotture interne.
La verità per cui l’ideologia del partito si è sempre configurata con il portavoce dell’interesse personale (Berlusconi) si è palesata nel momento del “serrate i ranghi” e dimettetevi. Ma il filo del rasoio sta proprio qui: chi è disposto ora come ora a puntare di nuovo su Berlusconi? Chi è disposto ad abbandonare la sua comoda poltrona in Parlamento per un uomo che non può più promettere nulla se non attecchire sui quei quattro deficienti e anziani che lo votano? Qui è in gioco il loro potere personale e non il potere che derivava un tempo dal sommo Silvio. No, ora c’è un margine d’indipendenza che può garantire la salvezza del proprio tornaconto, altrimenti dall’altra parte si adombra l’autodistruzione. Ma c’è ancora chi cita Einstein, chi manda torte e chi scrive libri per il proprio mentore di vita…e queste persone hanno visto la propria esistenza risollevarsi solo quando hanno leccato un po’ il sedere a quell’uomo.
La verità è che con queste istituzioni non andiamo da nessuna parte. E’ tutto troppo lento, troppo inceppato, troppo imbastito, non c’è più tempo per giocare ai tatticismi, agli occhiolini.
“Sembra che tu stia prendendo i toni di Grillo.” Qualcuno mi potrebbe obiettare.
No, non ci penso lontanamente, anche perché lui, con la sua riluttanza a concedersi, sempre per l’inebriamento della vittoria si è lasciato sfuggire l’opportunità di fare qualcosa e contribuire, conformandosi, già dal primo passo a quel sistema che tanto voleva abbattere. Risultato? Il nulla e il caos.

Non voglio prendere i toni di Grillo perché alla fine di un suo post potresti suicidarti, e invece non si deve mai e poi mai darla vinta alla rassegnazione che produce odio e soprattutto alla tristezza che deriva dalla mancanza di speranza. Cari miei la vita va avanti. Se tutto questo inferno istituzionale dovesse crollare, se l’Italia dovesse fallire la vita va avanti. Le persone continueranno ad innamorarsi, a fare figli. Si ripartirebbe dalla base, senza tanti salamelecchi, e via quei vestiti accumulati nell’armadio, meglio impastare le mani nella terra e produrre da soli senza aspettare che al supermercato arrivi la frutta con due euro in più e la carne inafferrabile. Meglio capire i bisogni della terra, imparare ad amarla, a rivalorizzarla. A fondare famiglie in cui la speranza non è quello che ci hanno fatto credere fino ad ora: denaro, denaro e uno stato sociale comodo. No, la speranza è nell’amore. E non si veda in questa affermazione un eccesso di miele o di romanticismo. No. Perché l’uomo è un essere nato per amare ed essere amato. Solo che ha sbagliato il modo di sentirsi amato: dalle cose, cose, cose capitalizzando qualsiasi cosa. Ma mai l’amore fraterno. Si può ricominciare, si può guardare in alto, si può. E l’unico che parla in maniera convincente, a attua in maniera altrettanto convincente è papa Francesco. Ce lo dimostra lui: semplicità nella Curia e nella vita. Se si ritorna a mungere le vacche tanto di guadagnato per voi e per i vostri figli. 
Miriam Di Carlo