Obiettivamente non è possibile spendere ulteriori parole
circa la situazione presente. E’ la situazione peggiore in cui l’Italia abbia
versato da quando si è avuta l’unificazione. Un’istituzione politica ormai
spappolata, senza più risorse, credibilità interna ed estera; un potere
avviluppato nella burocrazia, intempestivo, farraginoso per ruggine
incancrenita negli anni, nelle legislature senza mai aver attuato un minimo di
pulizia; un linguaggio non linguaggio, fin troppo poco persuasivo di tutti i
politici; un paese, l’Italia, piegato in due davanti all’economia mondiale ed europea
in cui perde per mancanza di metodo, di strategie convincenti e soprattutto di
coerenza economica, che è quella che rende stabile l’investimento estero sui
nostri mercati; appunto, mercati quasi assorbiti completamente dalle tasse,
tasse sui capannoni industriali, tasse sui prodotti e un paese che non gira ma
è cristallizzato da un gelo interno; una generazione, la nostra, di ragazzi che
vedono i propri padri pieni di sicurezze, che percepiscono qualcosa (uno
stipendio, una pensione, qualcosa insomma), e se stessi completamente incapaci
di poter almeno un giorno, gustare un minimo di quelle certezze. Un paese che
si fonda sul lavoro dei sessantenni e che imbriglia i giovani. Infrastrutture
mandate alla deriva come nel Medioevo e ammortizzatori sociali che si stanno
estinguendo. Noi giovani vediamo il nostro futuro essere mangiato e consumato
dalle generazioni avanti a noi, spesso egoiste e chiuse. In tutto questo
scenario terribilmente apocalittico (non romanzato ma reale), c’è un uomo che
continua a immobilizzare il paese perché non vuole accettare che è stato la
rovina dell’Italia. Rovina in tutti i sensi: morali, politici, etici e soprattutto
con effetti sul futuro…che adesso è il nostro presente.
L’organizzazione e il metodo sono sempre stati i nostri
talloni d’Achille.
L’interesse del proprio è sempre stato motivo di rotture interne.
La verità per cui l’ideologia del partito si è sempre
configurata con il portavoce dell’interesse personale (Berlusconi) si è
palesata nel momento del “serrate i ranghi” e dimettetevi. Ma il filo del
rasoio sta proprio qui: chi è disposto ora come ora a puntare di nuovo su
Berlusconi? Chi è disposto ad abbandonare la sua comoda poltrona in Parlamento
per un uomo che non può più promettere nulla se non attecchire sui quei quattro
deficienti e anziani che lo votano? Qui è in gioco il loro potere personale e
non il potere che derivava un tempo dal sommo Silvio. No, ora c’è un margine d’indipendenza
che può garantire la salvezza del proprio tornaconto, altrimenti dall’altra
parte si adombra l’autodistruzione. Ma c’è ancora chi cita Einstein, chi manda
torte e chi scrive libri per il proprio mentore di vita…e queste persone hanno
visto la propria esistenza risollevarsi solo quando hanno leccato un po’ il
sedere a quell’uomo.
La verità è che con queste istituzioni non andiamo da
nessuna parte. E’ tutto troppo lento, troppo inceppato, troppo imbastito, non c’è
più tempo per giocare ai tatticismi, agli occhiolini.
“Sembra che tu stia prendendo i toni di Grillo.” Qualcuno mi
potrebbe obiettare.
No, non ci penso lontanamente, anche perché lui, con la sua
riluttanza a concedersi, sempre per l’inebriamento della vittoria si è lasciato
sfuggire l’opportunità di fare qualcosa e contribuire, conformandosi, già dal
primo passo a quel sistema che tanto voleva abbattere. Risultato? Il nulla e il
caos.
Non voglio prendere i toni di Grillo perché alla fine di un
suo post potresti suicidarti, e invece non si deve mai e poi mai darla vinta
alla rassegnazione che produce odio e soprattutto alla tristezza che deriva
dalla mancanza di speranza. Cari miei la vita va avanti. Se tutto questo
inferno istituzionale dovesse crollare, se l’Italia dovesse fallire la vita va
avanti. Le persone continueranno ad innamorarsi, a fare figli. Si ripartirebbe
dalla base, senza tanti salamelecchi, e via quei vestiti accumulati nell’armadio,
meglio impastare le mani nella terra e produrre da soli senza aspettare che al
supermercato arrivi la frutta con due euro in più e la carne inafferrabile.
Meglio capire i bisogni della terra, imparare ad amarla, a rivalorizzarla. A
fondare famiglie in cui la speranza non è quello che ci hanno fatto credere fino
ad ora: denaro, denaro e uno stato sociale comodo. No, la speranza è nell’amore.
E non si veda in questa affermazione un eccesso di miele o di romanticismo. No.
Perché l’uomo è un essere nato per amare ed essere amato. Solo che ha sbagliato
il modo di sentirsi amato: dalle cose, cose, cose capitalizzando qualsiasi
cosa. Ma mai l’amore fraterno. Si può ricominciare, si può guardare in alto, si
può. E l’unico che parla in maniera convincente, a attua in maniera altrettanto
convincente è papa Francesco. Ce lo dimostra lui: semplicità nella Curia e
nella vita. Se si ritorna a mungere le vacche tanto di guadagnato per voi e per
i vostri figli.
Miriam Di Carlo
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