mercoledì 18 gennaio 2012

Coldplay: che tonfo!

Il nuovo Mylo Xyloto non convince. Un pastiche di idee frammentarie e lacunose, abortite sul nascere.
Un disastro acustico, una vera e propria caporetto musicale. Atmosfere elettroniche, ritmi tribali, tastiere, sintetizzatori e percussioni ossessive da disco club.  Dove sono i Coldplay in questo album? Chris Martin e soci, intervistati da Repubblica, parlano del loro nuovo rock alternativo. Ma di rock c’è ben poco nel nuovo disco, collezione di mediocrità del pop meno originale.  
Quinto della serie, Mylo Xyloto, album dal titolo enigmatico, pasticciaccio brutto di suoni frammentari, idee poco concise e confusionarie. Un flusso discontinuo, che mostra non solo una stanchezza senile e la crisi di creatività del gruppo, ma una sostanziale iper-produzione volta a soverchiare ed annullare il gruppo nelle note di vacui arrangiamenti artificiali.  Hurts Like Heaven è una canzone composta da un motivetto cadenzato, degno di un gruppo di teenager esordienti, non di una band che ha all’attivo milioni di copie vendute in tutto il mondo. Il testo è persino più ridicolo della sua melodia. “Hey you, is your heart a weapon? And hurts like heaven“. Neanche delle teenager liceali oserebbero scrivere una rima così bislacca.  I tocchi elettronici e le vibrazioni dei sintentizzatori sono accompagnate, tuttavia, in modo pacato e sobrio da un’accordo di chitarra elettrica ben enfatizzata.  Charlie Brown, inno della vita adolescenziale vissuta come un film d’animazione, è una traccia di soft rock, con un riff sincopato che ricorda quelli suonati dai Coldplay in X & Y. I souni elettronici sono ben dosati, non sovrastano e sorvechiano l’arrangiamento, accompagnano le chitarre e ne esaltano il suono. Stesso discorso vale per l’enigmatica Major Minus, il capolavoro del disco. Acustica con piacevoli elementi di elettronica in sottofondo, è un sogno schizoide riguardo ad un occhio scolpito nella mente che ci fissa e ci ossessiona, a sentieri inesprorati nell’inconscio. Suoni che penetrano la nostra mente e ci graffiano nel profondo.
Pessime Princess of China e Up in Flames. La prima è un mero abbozzo sonoro,  che fonde con poca incisività musica elettronica e industrial rock, dai suoni orientaleggianti. Up in Flames, una disco-pop song, è caratterizzata da voluminose linee di basso in sottofondo e un’ossessiva percussione accompagnata da una sequenza di pianoforte con una sezione d’archi. Il motivetto è ripetuto più volte, incastatonato in una struttura armonica che tende verso un climax evanescente, ad un apice inatteso. Un altro esperimento acustico, un b-side piuttosto che una traccia da album, un esperimento non terminato, abortito sul nascere in una cupa allucinazione sonora. Every Teardrop is a Waterfall è una canzone di spessore, caratterizzata da un riff elettronico, ben accompagnato dagli accordi della chitarra di Buckland. Ricorda le atmosfere della vita cittadina, la cultura dei graffiti, la gioia degli anni Ottanta, quando Martin & Co. erano dei ragazzini, con i loro sogni nel cassetto e le loro aspirazioni. Paradise è un pasticcio di  suoni elettronici ed archi non ben amalgamto. Us Against The World è una canzone acustica, incorniciata da una buona sezione d’archi, elegiaca e toccante, che mostra i Coldplay più a loro agio nella sfera dell’intimistico, nell’ambito di composizioni meno artefatte, più sobrie e svincolate da un contesto di arrangiamenti tanto sofisticati quanto stridenti con la loro poetica. UFOè un’altra canzone acustica, ma, a differenza dell’altra, poco incisiva e trascurabile.
Dopo il buio e la confusione più totale, i Coldplay ritrovano un barlume di luceDon’t Let It Break Your Heart è un inno dall’aria magniloquente, in cui si sente l’influenza degli Arcade Fire; le chitarre sembrano maggiormente amalgamate ed incorniciate negli arrangiamenti elettronici,  Up with The Birds è una canzone che parte da una sezione acustica, incorniciata da archi e viole elettriche, che successivamente lasciano lo spazio ad una melodia possente, ben sottolineata da delicati accordi di chitarra e da suoni elettronici. Ma le ultime due canzoni, per quanto più incisive e nate nell’ambito di un’ispirazione più vivace, non riescono a concludere positivamente un disco povero di inventiva. “Il nostro scopo per il nuovo album era pensare al di fuori degli schemi per poter comporre” aveva affermato Chris Martin. Ma il suo rinnovamento è impoverimento, una deriva verso l’elettronica e il pop che ha ben poco di conciliabile con il rock. Ma non è neanche pop di qualità quello dei Coldplay.
Mylo Xyloto è semplicemente un’antologia di suoni che provengono dal povero retroterra musicale pop di oggi, costituito da fenomeni che hanno ben poco di musicale e molto più a che fare con rotocalchi di gossip. Lady Gaga, Rihanna e Adele sono nomi che ben rappresentano l’impoverimento della musica commerciale contemporanea. I Coldplay si cimentano in un genere di facile ascolto, che non solo svilisce la loro essenza come band, ma ne mostra tutti i limiti creativi e la penuria di ispirazione degli ultimi anni. Incapaci di proporre un rinnovamento di spessore artistico, i Coldplay hanno puntato all’easy listening per provare a non perdere, oltre che l’ispirazione, almeno milioni di introiti. Ma è ovvio che Mylo Xylotonon lascerà alcuna eredità in ambito nè rock, nè pop, come Parachutes o A Rush of Blood. Ma non solo.  Il nuovo album dà una svolta negativa alla carriera dei 4 musicisti londinesi, che rischia di pesare come un macigno. Una pietra tombale che potrebbe apporre la parola fine allo spessore artistico di una band fin troppo osannata dalla stampa mondiale.
Marco Di Caprio

Marketing: il vero killer del rock.


Chi non ha mai letto in una classifica dei migliori artisti rock di sempre anche dei Queen, Chicago, Guns ‘n’ Roses, Michael Jackson, Prince, Bowie, Johnny Cash?  Artisti che hanno venduto milioni di copie, osannati dalla critica, definiti fenomeni rock di grande impatto. Eppure il giudizio positivo dei critici su questi mediocri, orientato dalla pubblicità, dal marketing e dai giornali di gossip, pesa come un macigno. Rischia di svilire l’essenza del rock.
Genere musicale nato attorno gli anni 50 , derivazione del blues, come musica da ballo, il rock diventa un’arte raffinata a metà degli anni Sessanta. Ideato da Chuck Berry, Bo Diddley e altri bluesmen di grande calibro, affinato da Rolling Stones, Animals, Kinks, Beatles, Yardbirds, Velvet Underground e tanti altri. E’ un’arte che ha un sostrato popolare ed è basato sulla ripetizione ossessiva di un accordo di fondo, il riff. Si differenzia dal pop perché le sue canzoni hanno non solo arrangiamenti diversi, ma spesso stile vocale diverso. Gli artisti rock vanno spesso oltre la canzonetta, non rispettano la struttura strofa-ritornello e dalla metà degli anni Sessanta allungano a dismisura i loro pezzi. Goin’ Home dei Rolling Stones, European Son dei Velvet Underground,Interstellar Overdrive dei Pink Floyd ne sono esempi. Importanti anche gli acidi Greteful Dead, gli hippies Jefferson Airplane e Jimi Hendrix scrivevano pezzi molto lunghi, sincopati, psichedelici. I Deep Purple e i King Crimson scrivono vere e proprie partiture per orchestra. Frank Zappa miscela classica, jazz, avant-garde e rock in maniera davvero originale. Freak Out è un ottimo album, ma We’re Only in It for Money e gli album successivi dimostreranno la sua pulsione post-moderna, volta ad inglobare un universo di suoni in cui non esiste barriera tra musica colta e popular music.
Il rock è molto simile al jazz, con jam sessions caratterizzate da lunghe improvvisazioni. Come le leggendarie esecuzioni dei Led Zeppelin. La loro versione dal vivo di Dazed and Confused, 35 minuti di litanie, lamenti e urla ossessive, rimane nella storia della musica contemporanea. Il virtuosismo barocco dei musicisti degli anni Sessanta potrebbe ricordare benissimo Vivaldi. Ma Captain Beefheart, al secolo Don Van Vliet, si spinge oltre, distrugge l’armonia classica in Trout Mask Replica, uno dei migliori album della storia del rock, tanto bello quanto oscuro, misterioso, dal senso sfuggente. La sua musica è di grande spessore, non può essere classificata popular music. Neanche Sister Ray, esecuzione baccanale, ossessiva e schizoide dei Velvet Underground, non ha nulla a che fare con musica leggera. E’ più importante di tanti pezzi di musica colta contemporanea.
Lo stesso gruppo in questione, l’anno prima, nel 1967, pubblica uno dei migliori album rock di sempre, The Velvet Underground & Nico. In esso confluiscono musica da camera, mantra orientali, il Merseybeat giocoso e, allo stesso tempo, irriverente dei Beatles, rock classico, proto-punk, rock psichedelico, progressivo e sperimentale. Un pastiche unico, immagine della melma dell’alienazione urbana, inno alla gioventù bruciata della New York degli Anni Sessanta. L’album demolisce le utopie di una società malata e tutti i segni di una frenesia universale ed onnicomprensiva. Un ambiente di fantasmi posticci, automi volti alla distruzione dell’ambiente e circostante e poi alla distruzione di se stessi.
Il rock è sofferenza, lamento, ma anche ottimismo, leggerezza e simbolo nella speranza in un futuro migliore e ameno, come nella musica di Beatles, Byrds e Jefferson Airplane. E’ anche musica impegnate nel sociale, critica all’ipocrita perbenismo della middle class, con Kinks e gli Who.
Il rock vero, quello di qualità, non è canzonetta.  Le sue origini popolari non escludono che molti musicisti le abbiano conferito dignità di arte maggiore, come per il jazz. Il rock puro, lontano dagli ibridismi, è accademico, potrebbe essere studiato nelle università, è un fenomeno di grande rilievo culturale. Ma purtroppo non esistono ancora studi e testi in grado di rendere il giusto valore a questo genere. Piero Scaruffi ci ha provato, con grande successo, scrivendo una monumentale storia del rock. Rimane ancora difficile valutare i meriti artistici di molti autori in una storia spesso viziata.
Molti critici sono condizionati nella valutazione degli artisti rock dal numero di dischi da loro venduti. La pubblicità ingannevole tende a convincere molti critici dell’effettiva superiorità di artisti mediocri a scapito di altri, meno conosciuti ma di grandissimo spessore. I Velvet Underground, al loro esordio, hanno venduto solo qualche centinaio di copie. Beefheart non ha neanche recuperato i soldi investiti nella produzione di Trout Mask Replica. IPink Floyd hanno fatto opere di maggiore spessore all’inizio della carriera, ma non sarebbero oggi così famosi se non avessero semplificato il loro stile negli anni Settanta, tale da avvicinarlo ai canoni della musica pop orecchiabile e melodica. Purtroppo il rock, in quanto arte d’élite, ha dovuto spesso scendere a compromessi, perdere la purezza originaria e tentare la via commerciale per poter ottenere visibilità come fenomeno. Molti artisti da cabaret e da piano-bar hanno anche finto di fare questo tipo di musica per ottenere profitti, soldi ottenuti in un’operazione di pubblicità ingannevole. Il marketing ha ucciso il rock, ne ha mostrato il cadavere putrido in piazza. Ma riconosciamo in quel cadavere le sue vere sembianze. La musica di Chuck Berry è arte maggiore.
Marco Di Caprio

Lacrime di coccodrillo.

I tassisti sono la categoria che più sta dando battaglia contro le liberalizzazioni. Il governo Monti nel decreto ha stabilito che le licenze non saranno più concesse dall'ente nazionale dei trasporti ma dal Comune. Questo aumenterebbe quindi il numero dei tassisti. Inoltre è stato richiesto ai guidatori delle auto blu di rilasciare ricevute fiscali. Alcuni esponenti della categoria fanno sapere che non hanno problemi a pagare l'Iva. Si lamenterebbero però loro sono gli unici, tra i fornitori di beni strumentali, a versare all'erario questa imposta. Al Circo Massimo oggi hanno promosso altre manifestazioni, poi domani davanti a Palazzo Chigi avrà luogo una protesta che si preannuncia molto aspra. I tassisti sono adesso pronti a scatenare l'inferno. Come se fossero quasi sul lastrico, vicini alla rovina. 



La loro categoria in realtà è stata finora fin troppo privilegiata.  Compatta e chiusa, non ammette facilmente nuovi iscritti. Non è affatto semplice ottenere una licenza, infatti. Con le nuove misure dovrebbe essere di gran lunga più facile. I tassisti dovrebbero aumentare di gran numero in poco tempo dopo il varo della manovra. Questa misura dovrebbe far aumentare il loro numero e scardinare il ristretto trust che ha portato all'innalzamento dei prezzi delle corse: finalmente dovrebbe valere il mercato della libera concorrenza. 





I conducenti delle auto bianche si lamentano dell'aumento del costo della vita, dei generi di prima necessità, dei carburanti e delle assicurazioni. Ma è anche vero che tutti i cittadini sono alle prese con tali problemi, e spesso hanno meno entrate dei tassisti. Pagare una corsa in taxi è diventato proibitivo per l'italiano medio. E domani, fuori a palazzo Chigi i tassisti inveiranno contro il governo, leveranno il loro lamento e lacrime di coccodrillo. Ma proprio a loro andrebbero indirizzati i lamenti. E del resto degli italiani.

Marco Di Caprio.

martedì 17 gennaio 2012

La cara vita degli italiani


Roma – 15/01/2012. È con la manovra salva Italia che il presidente del consiglio Mario Monti vuole riportare il Bel Paese tra le grandi d’Europa (o in serie A visto che da qualche giorno Standard & Spoor’s ci ha declassato in serie B). Uno dei “benefici” che ha portato tale intensa manovra è stato quello dell’aumento dei prezzi della benzina. La senza piomba arriva a sfiorare i 1,800 euro a litro (soprattutto nelle regioni centro-meridionali). Neanche quattro anni fa, quando il prezzo di un barile di petrolio sfiorava i 140 dollari, la benzina aveva raggiunto picchi così alti. Nel 2008 la media annuale del prezzo della verde si aggirava intorno ai 1,300 euro al litro e solo durante luglio aveva toccato quota 1,522 (dati ottenuti dal sito del ministero dello sviluppo economico).
 Ma non solo. Insieme all’aumento della benzina, colpirà in maniera indiretta le tasche degli italiani anche l’aumento delle autostrade. È inutile pensare di lasciare l’auto parcheggiata al fine di risparmiare o di evitare le autostrade. Se molti italiani si sono infuriati per questi rincari, lo saranno ancora di più quando i prezzi dei beni di prima necessità aumenteranno. Infatti non tutti sanno che l’86% circa dei trasporti delle merci, in Italia, è su gomma e siamo i secondi in tutta Europa ad utilizzare questo mezzo (I primi sono gli inglesi). Questo vuol dire semplicemente che aumentando il costo del carburante e delle autostrade, aumenta il costo dei trasporti e di riflesso anche i prezzi delle merci. Uno bello smacco per il popolo italiano. Dunque questa manovra sembra andare a prendere anche il più piccolo centesimo dalle tasche degli italici. E se non hanno soldi da parte, se molte persone non riescono ad arrivare a fine mese,  come sarà possibile far rifiorire l’economia?
Per ovviare a tale problema, per evitare di pesare troppo sulle spalle degli italiani, si potrebbe cercare di utilizzare mezzi alternativi come i trasporti aerei o su rotaie. Ma forse, dietro l’utilizzo delle strade ci sono troppi interessi per poter cambiare mezzo.

Alessandro Moschini