martedì 8 ottobre 2013

Le colline periferiche o le langhe dei destini incrociati.

[Recensione del blog di scrittura creativa 'Le colline periferiche' di Marco Mastrandrea]

 Le colline periferiche, non quelle delle Langhe, non quelle delle epiche battaglie dei partigiani. Le Langhe dei disgraziati, dei derisi, degli sconfitti, di coloro che non hanno voce. Un caos metropolitano che diventa armonia in luci accecanti e soffuse nel loro sottile bisbiglio. Il linguaggio di Marco Mastrandrea è “empatia nuda, notturna, sorrisa”, è un lamento che fende un cosmo nel cassetto dell’uomo di metropoli, un anonimo e grigio narratore che combatte l’epica battaglia del darwinismo sociale. L’ironia è lo strumento principale di questa lotta, che ne corrode la serietà, che mette in dubbio il narrato come se fosse al limite del credibile la narrazione stessa. Le narrazioni sono molteplici, dinamiche, e in un caleidoscopio di immagini ci immettono in un mondo sorpreso nel suo farsi e nel suo disfarsi. “Ecco la morte. La nascita. Tutto ha inizio e fine in noi. […]l'inizio e la fine sono utili e necessari per tutti gli intrecci, i romanzi; sono armi sfruttatrici deploranti di libertà.” Il narratore, in un universo multicolore e caleidoscopico, è sballottato in immagini di cui percepisce solo il bianco e il nero, un universo a cui manca il colore, in cui il colore è finzione.

  L’artificio è unica autentica espressione di sé, la menzogna è unica vertà in un’esistenza inconsistente, priva di spessore, in cui vince chi sa ingannarsi “Ha vinto chi, scordandosi i romanzi, godendosi il piacere di una commedia priva di un inizio e di una fine. Ha rinunciato a Dio, fatto a pezzi il suo cognome.” I romanzi sono troppo tristi, perché riflettono troppo sul legame tra arte e vita, mentre l’unica soluzione per vivere, e forse non-vivere ma solamente esistere, sembra quella di tenere inscindibilmente collegate arte e vita. Meglio non scomporre i colori, meglio non interrogarsi sulla natura del bianco e del nero. Ma la commedia e le maschere corrodono l’umanità dei personaggi che le indossano: l’unico rimedio per sopravvivere è recitare un altro ruolo e diventare altri.

  La pazzia aliena e rende scarni i colori del mondo fino a far annegare il bianco dell’illusione nel nero che tutto inghiotte e avvolge nel suo oblio. Ma se “qualcuno è salito sulla luna, per pescare latte e formaggio” è sopravvissuto, mentre ha lasciato a deperire i poveri disgraziati che marciscono tra i liquami putrescenti di alberi spezzati. Il narratore dei racconti di Marco Mastrandrea sale alla luna a pescare latte e formaggio, ma pesca anche un’umanità che annaspa nella sua impotenza e nel suo dolore atono in vicoli ciechi e sentieri impervi. Un sentiero dagli alberi spezzati e contriti dallo smog in cui Calvino sembra incontrare Pavese.

 La landa metropolitana non è meno epica delle Langhe, un castello di destini incrociati, raggomitolati e raccolti nel truce lamento del cielo estivo, ormai autunnale, che dissolve i suoi personaggi. “Hanno i capelli scuri piangenti, la pioggia è dentro di loro”, sui loro visi i colori sono incupiti e liquefatti, il trucco è scollato, il colore che cela la verità si scioglie e lascia una finestra sul vuoto, sul nulla e sulla coazione del nulla, ben esemplificata da una promessa rinnovata e mai mantenuta (“Lui non l’accompagnò, non lo faceva mai. Diceva che presto l’avrebbe raggiunta per sempre”).

 Marco Mastrandrea sottolinea con la sua ironia la tragicità dell’inferno metropolitano, costretto in bolge tra letame, pece e liquami, in una farsa carnevalesca che non pretende di comunicare nulla, se non uno stridente lamento soffocato tra vibranti e ossessivi rumori di un’umanità spenta, corrotta e ripiegata su se stessa. La forma del racconto breve, che molto ricorda quella impiegata da Carver nei suoi Racconti – condensa in sé tutta la tragicità e il nichilismo del viaggio di un narratore che senza meta si addentra negli antri di boschi e colline periferiche con nessuna certezza, e che con un velo dell’ironia mente a se stesso.

  Marco Di Caprio.

Nessun commento:

Posta un commento