Sono reduce da un servizio su Piazza Pulita curato da
Alessandro Sortino. Diffido, dopo tutti questo talk shows politici e
politichesi, il servizio ammiccante, di facile presa, il sondaggio opinabile e
scientificamente non provato (non si mostra mai su che base si rilevi il
campione) ma la puntata di stasera ha reso con efficacia uno spaccato di vita
con cui noi giovani siamo costretti a confrontarci ogni giorno.
Anzitutto siamo giovani e ciò che è emerso è che i giovani
hanno bisogno di sperare, o almeno hanno bisogno di qualcuno che apra uno
spiraglio sulla speranza. Franceschini ha criticato l’accostamento fin troppo
facile tra politica e chiesa la quale è la sola che riesca in questo momento a
dare una speranza. Effettivamente fino ad oggi, colui che ha dato una speranza
è stato solo Berlusconi: ha dato la speranza della visibilità, della notorietà,
del lustrino, dello status symbol (incarnato nella sua stessa persona, vista
come il massimo idolo da raggiungere e raggiungibile) relegando ai margini
della società la cultura, la sostanza, la morale e l’etica in tutti i campi. Ma
chi aveva bisogno di questa tipologia di speranza? Chi ha votato questo modello
di visione sul futuro? Ovviamente la generazione dei nostri padri: una
generazione con genitori coinvolti nelle guerre mondiali, nati in contesti
poveri o in cui non sia aveva grande benessere e che improvvisamente hanno
visto una crescita economica spropositata rispetto al passato. Raggiunto un
benessere omogeneo, la speranza non era più rappresentata da questo benessere
quanto da qualcosa in più che arricchisse il leitmotiv del benessere: il
modello di Berlusconi. E’ meraviglioso vedere che, nel servizio di Sortino,
quei casting per il Grande Fratello che prima erano così piani di gente, ora
siano decimati; che i modelli siano altri e che l’austerità non è più una
regola, quanto una necessità di vita, che sposa la sobrietà.
Con grande rammarico, non si può non osservare che la
generazione uscente, volente o nolente, si è fatta prendere da questo grande
benessere e ci ha trasmesso valori e parametri sbagliati, ormai inadeguati alle
esigenze di una nuova generazione di giovani che vorrebbe sperare in qualcosa
di reale e concreto.
Che fa ogni giovane ogni mattina?
Si alza, si prepara la colazione, accende la televisione e
scopre, con grande frustrazione che la disoccupazione giovanile cresce ogni
giorno di qualche punto percentuale, che la crisi aumenta e strozza. Ora, con
tutta la buona volontà, come fa un giovane a vivere la su vita a cuor leggero?
Quindi in fin dei conti siamo una massa di laureati, magari
anche con più competenze tecniche, scientifiche e umanistiche rispetto ai
nostri padri ma con l’incapacità di introdursi nella società e avere un posto indipendente
perché c’è ancora una generazione che dovrebbe uscire e non lo fa, sebbene
abbia garantiti ammortizzatori e servizi che probabilmente noi ci
dimenticheremo un giorno che siano mai esistiti.
Ma allora perché ci avete fatto studiare se poi non possiamo
intervenire a salvare questa catastrofe che avete generato con il sopore
passato della vostra ragione?
Miriam Di Carlo
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