Ogni giorno da anni, appena sveglio, leggo il giornale, anzi
i giornali. Scruto tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali e un buon numero di quelli locali, leggo i principali siti di informazione politica
italiana ed estera, i blogger che più mi aggradano, e provo a comprendere
quanto accade attraverso studi specialistici e approfondimento bibliografico. Negli ultimi tempi, però, non ho avuto internet: si è
spaccato lo schermo dello smartphone e confesso di essere stato troppo pigro
per raggiungere l’edicola vicino a casa o per andare in qualche biblioteca comunale.
In compenso ho letto molti libri, ho conosciuto molte persone e mi sono accorto che il mondo è quello che succede al di fuori del tuo smartphone.
Ho letto meno news e meno approfondimenti economici. Per quanto riguarda le novità culturali ho fatto fede all’inserto domenicale
del Sole24Ore e all’inserto del sabato del Manifesto. Non ho seguito affatto le
beghe politiche, o per meglio dire partitiche. Quando sono tornato per qualche
giorno a casa dei miei, sono stato esposto all’informazione prodotta da
televisione, riviste politiche, internet e tutti i tipi di media. Non ho letto
libri. Quanto ho constatato è che il centro destra si è spaccato
per poi, presumibilmente, riunirsi nuovamente o chissà. Nel Partito Democratico
si è infittito il dibattito interno. Ciò è avvenuto sui giornali, ma non tramite il confronto diretto fra candidati. Dalle prossime primarie emergerà lo scontro fra
leaderismo e apparato e ancora tra il conflitto determinato dalla differenza
tra “spazio politico” e “soggetto politico”. A proposito di Matteo Renzi, c’è
una massima di Nicolas Gomez Davila che calza a pennello: “la personalità non è
un fine realizzabile ma ciò che risulta da un fine realizzato”. Infine l’idealismo di Vendola è crollato: è emersa la figura pragmatica del governatore pugliese sottomesso alle logiche produttive e alle relazioni che le istituzioni devono sostenere con gli imprenditori locali.
Mi sono chiesto che cosa rappresenti la partecipazione politica attiva, che per fortuna non si riduce al dibattito interno nei partiti. Quando
mancano i mezzi di informazione, vuoi vedere con i tuoi occhi ciò che accade attorno
a te. Per farlo devi scendere in piazza. Mi sono reso conto che oggi sia poco
credibile la democrazia rappresentativa perché l’attuale sistema politico non
tiene conto del reale disagio che porta la gente al voto. Il 19 ottobre a Roma ho visto poveri, immigrati, sfrattati e ‘alternative di sistema’
scendere in strada per rivendicare le basi per una società più civile: reddito di
cittadinanza e un’abitazione sicura.
Lo scorso sabato ho capito meglio il ruolo
dei moti di piazza nel nostro Paese. Ho visto tanta gente invadere Napoli per
protestare nei confronti del disastro ambientale. In queste manifestazioni non
c’erano le bandiere né del centro-destra né del centro-sinistra. Quelle
bandiere devono essere sventolare con vigore: non bisogna rapportarle a una
base elettorale ben precisa, ai partiti di chi fa parte dell'estabishment. Chi sventola quelle
bandiere non ha un’affiliazione politica perché non ha voce nell’attuale
sistema politico italiano. Credo che la vera politica sia questa. I partiti dovranno
guardare la realtà, guardare dalla finestra e trovare il coraggio di scendere
in strada. Non per strumentalizzare la piazza ma semplicemente per osservare,
ricevere e programmare le necessità degli ultimi, che oggi rappresentano la
maggioranza e il Paese reale.
Marco Mastrandrea
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