Il premier Renzi ha detto che varerà la settimana prossima, per la precisione martedì 12 marzo, il suo Jobs Act. Noi pensiamo che si dovrebbe ricominciare a parlare in italiano, perché molti non capiscono il reale significato dei termini politici in inglese.
Se analizziamo il contenuto della sua riforma del lavoro, visto che di questo si tratta, notiamo che i punti salienti sono i seguenti: eliminazione del contratto a tempo determinato a favore di un contratto unico, abolizione dell'articolo 18 (legge che reintegra i licenziamenti non legittimi) per i primi tre anni di assunzione e abolizione dell'apprendistato. Quali miglioramenti dovrebbe portare questa riforma del lavoro? Praticamente favorirà la Confindustria e le imprese, che potranno assumere e i licenziare più facilmente i neo-laureati. Sappiamo che Renzi vuole la flessibilità delle assunzioni, basata sul modello inglese: maggiori licenziamenti liberano più posti di lavoro per eventuali nuovi assunti. Il problema di fondo è il seguente: in Italia la corruzione e le strutture economiche non sono ancore pronte per accogliere questo modello di tipo anglosassone.
Renzi, inoltre, ha intenzione di varare il taglio delle aliquote Irpef e il taglio del cuneo fiscale con i fondi dell'Unione Europea: già insorge l'Europa, poiché quei soldi non possono essere destinati a questo compito, ma solamente per opere infrastrutturali. Renzi, inoltre, ha detto di voler destinare nuovi fondi all'istituzione scolastica. Anche per questo scopo si riscontra il problema della copertura finanziaria: il premier ha detto che vuole ricorrere alla Cassa depositi e presiti, che è il tesoretto dei risparmiatori muniti di libretti postati. Se lo Stato usa la Cassa per le riforme non accumula debito con le aziende private, ma con i contribuenti, peggiorando di gran lunga la situazione.

Caro Matteo, lei aveva promesso chiarezza e trasparenza. Da lei non chiediamo parole, ma action: glielo diciamo in inglese, visto che lei si sente così anglosassone. Prenda dagli inglesi il loro empirismo e non nomi inutili; non prenda dagli italiani le chiacchiere vuote e inutili.
Marco Di Caprio e Alessio D'Aco.