mercoledì 29 febbraio 2012

LA RACCOMANDAZIONE PER UNA SELEZIONE MIGLIORE.

Un'inchiesta di Repubblica oggi, in prima pagina, evidenziava la mancanza di meritocrazia nel nostro Paese. La questione cruciale, più che la mancanza di dare un giusto peso al merito, è il ruolo della raccomandazione nel mercato del lavoro. Nei paesi anglosassoni la raccomandazione esiste sotto forma di segnalazione: ogni uomo influente può sottoscrivere nero su bianco che una persona da lui conosciuta ha determinate competenze, per cui lo consiglia ad un'azienda o ad un ente. In Italia la raccomandazione è una pratica sottobanco ed avviene per dare spesso una mano a chi meno merita. Il nepotismo e il clientelismo sono la principale porta d'ingresso sia nel settore pubblico che in quello privato; per chi è, quindi, figlio di operaio diventa difficilissimo riuscire ad emergere ed a diventare membro della classe dirigente. 

Il potere in Italia è gestito da tante lobby, e quando parlo di lobby intendo tassisti e farmacisti, ma anche il Vaticano, i banchieri e i docenti universitari. Difficilissimo entrarvi, soprattutto se non hai conoscenze influenti. Michel Martone, viceministro al welfare, ha affermato che è uno sfigato chi frequenta l'università a 28 anni ed oltre. Lui è diventato professore ordinario a 29 anni, ma è anche vero che non tutti possono contare su un padre magistrato ed influente come il suo. Inoltre il sistema universitario italiano non scoraggia gli studenti fuori corsi dal migliorare la loro posizione; forse le università puntano ad incassare ancora più soldi tramite loro. Si potrebbero anche mettere norme che pongano limite agli anni in cui ci si può iscrivere fuori corso. La maggioranza dei ragazzi italiani, poi, si laurea in tempo, ma non riesce ad emergere perché non ha i giusti agganci. 

Quando sei entrato in una lobby hai tante garanzie: puoi essere tutelato da tutti i tuoi colleghi, sempre pronti a battersi per accrescere l'influenza della propria categoria. Troppe persone meno competenti hanno una corsia preferenziale: una buona parte dei figli dei notai entra facilmente a far parte dell'ordine. Per poter sradicare questo fenomeno sarebbe forse opportuno porre discriminazione nei loro confronti per tutelare gli altri che non sono figli di notai: per esempio, se per passare ad un compito hai bisogno di un 7, il figlio del notaio dovrebbe ottenere 8. Forse questa può sembrare una proposta abbastanza ingiusta, ma è anche vero che il figlio del notaio può avere competenze tali da poter totalizzare molto più di 8. 

Al di là di queste soluzioni provvisorie, bisogna tener conto che la valorizzazione del merito deve partire dal basso: un terzo degli studenti italiani è disposta a farsi raccomandare per avere un posto di lavoro. I giovani dovrebbero pensare a perfezionare competenze professionali all'università usufruendo dei mezzi forniti dal settore job placement, come tirocini e stage. Ma sono le classi dirigenti che hanno il dovere di tutelare davvero gli studenti che hanno meno risorse per emergere. Il problema è che l'università dovrebbe tornare ad essere selettiva; soprattutto dirigenti di aziende dovrebbero entrare nei consigli degli atenei per chiedere ai docenti di formare professionisti che a loro potrebbero tornare utili in futuro. In tal modo il mercato del lavoro potrebbe ripartire. Ma il nuovo governo ha la responsabilità di dover fare una nuova riforma, che chiuda la negativa parentesi aperta dalla riforma Gelmini. 

Marco Di Caprio.

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