domenica 26 febbraio 2012

LA VERITA' FLESSIBILE DELLA CRITICA.

Mi è capitato tantissime volte di navigare in Internet e di trovare giudizi di novelli critici approvati come verbo di Dio. Il mestiere del critico è fatto di continua fruizione della materia di competenza, che sia letteratura, arte e musica. Critici non si nasce ma si diventa. Per analizzare un disco musicale è ovvio che bisogna studiare la storia della musica, musicologia, linguaggio musicale e tecniche di composizione. Per fare il critico letterario è bene leggere molto, e non interessarsi solo di pochi generi e di epoche.

Analizzare un'opera d'arte, di qualunque tipo essa sia, non è semplice. Inoltre si può dire che non esiste una verità assoluta: si può giungere a dare un giudizio quanto più imparziale, ma nessuno ha in mano una soluzione univoca, che possa frenare le dispute intorno al valore di una determinata opera. Si può parlare di un'opera universalmente condivisa come capolavoro, accettata così dalla maggior parte dei critici. Ma nessuna opera potrà mettere d'accordo tutti i critici all'unanimità. I veri capolavori, ad ogni modo, sono quelli che ricevono un plauso quanto più ampio dalla critica.

La verità che sta dietro al riconoscimento di opere come capolavori non è ontologica, ma statistica. Il capolavoro è qualcosa su cui la maggior parte degli specialisti converge nel considerare tale. Ovviamente un capolavoro può essere sminuito od amplificato nel suo valore a seconda del momento storico in cui è formulato il giudizio critico.

Anche i fatti storici sono interpretati nel loro corso in maniera diversa a seconda delle epoche. Per Gadamer era l'ermeneutica a creare i fatti. Un processo dialettico può selezionare ed indicare gli eventi della storia. E' ovvio che l'evento è qualcosa che cambia l'approccio epistemico nei confronti della realtà. Ed anche il capolavoro cambia i paradigmi con cui gli storici, gli esperti e gli appassionati si rapportano con l'arte.

Lo storico Sestan svolge un'analisi accurata della metodologia storiografica contemporanea come metodologia critica e scientifica. Afferma che un problema storico non è mai esaurito. Esso si può considerare provvisoriamente esaurito, nel senso che in un dato momento storico le soluzioni trovate hanno soddisfatto le esigenze degli studiosi di quel periodo. Le priorità degli studiosi ovviamente sono sempre in linea con il clima culturale e sociale del contesto del vissuto. Ma è da escludere che le soluzioni trovate siano soddisfacenti per gli studiosi di un'altra stagione culturale.
Non ci sono pietre tombali nella storiografia, su nessun problema fondamentale. Solo a questo patto la storiografia non muore, ma si rinnova ed accompagna, come espressione non secondaria, la vita morale e culturale delle nazioni. (E. Sestan)

Quindi in effetti il problema storiografico è lo stesso della critica artistica. Determinati giudizi possono mettere d'accordo studiosi di una determinata epoca, ma non potranno soddisfare gli esperti di una stagione successiva. Se non esiste una verità assoluta, è giusto che si cerchi una verità provvisoria, che possa portare avanti un processo dialettico volto alla comprensione del processo artistico e dell'arricchimento interiore di chi ne fruisce. Solo a tale patto i fruitori dell'arte possono fare un'opportuna selezione su ciò che è più bello e più merita di essere tenuto in conto.

Marco Di Caprio.

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