giovedì 11 ottobre 2012

CAOS DEMOCRATICO.

Pierluigi Bersani e Matteo Renzi saranno sfidanti alle primarie. Il segretario del Pd ha anche fatto modificare l'articolo 18 dello statuto che prevede la candidatura del segretario come futuro premier. C'è però un problema di natura logica: che senso hanno le primarie, se non è ancora noto con quale legge elettorale si voterà? 

Le primarie sono uno strumento utilissimo di democrazia interna e ricalcano quelle che i due maggiori partiti americani svolgono per il candidato alla presidenza. Ma siamo sicuri che possano essere applicate anche nel sistema politico italiano? Direi che non è proprio così per diversi motivi. Innanzitutto, con l'elezione del candidato premier tramite primarie, non ha senso la figura del segretario del partito, che è sempre stato il leader di riferimento della propria parte politica in qualunque tipo di elezione. I segretari dei partiti della Dc sono sempre stati indicati come Presidenti del Consiglio dal dopoguerra in poi. Quando non lo sono stati sempre, a partire dal 1981, i segretari di altri partiti, uomini più influenti come Spadolini o Craxi, sono stati indicati come capi del governo.

In America non esiste la figura del segretario, ma solo quella di presidente di partito, che gestisce il dibattito interno alla parte politica, ma non è mai candidato. Anche il Pd ha come presidente Bindi, che si occupa dell'amministrazione. I Democratici e i Repubblicani non hanno però il segretario, le cui funzioni sono rivestite temporaneamente, e solo in vista delle elezioni presidenziali, da chi vince le primarie. Se non dovesse vincere le primarie Bersani, il Pd avrebbe un altro segretario, de facto, che svolgerebbe la sua stessa mansione di capo politico di riferimento nel partito. 

Teniamo ben presente che, se dovesse cambiare la legge elettorale, cosa di cui si augurano molti italiani, il vincitore delle primarie potrebbe non più essere candidato come nome di riferimento per la presidenza del Consiglio. In teoria, quindi, dopo le elezioni potrebbe anche essere investito qualcun altro del Partito democratico per formare una coalizione di governo. 

Le primarie del Pd in realtà sono uno strumento per stabilire in un partito poco coeso chi è il più forte. Ma chiunque dovesse vincere non avrà potere di compattare il partito. I Democratici sono in testa ai sondaggi non per loro demerito, ma per demerito degli avversari politci, e questo rischia di portare una stagione di nuovo caos nella politica italiana anche dopo il 2013.

Marco Di Caprio.

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