Già dovevamo capirlo da quel 2 Giugno 1946 che l’Italia è un
Giano Bifronte: Repubblica VS Monarchia. Di nuovo non c’è un vincitore netto, i
voti sono sul filo del rasoio e la Repubblica scavalca la Monarchia con fatica,
sebbene il re Sciaboletta, con la sua mancanza di carattere avesse consegnato l’Italia
nella mani di Mussolini, strizzando l’occhio alla Guerra.
Repubblica: 12.717.923 voti contro 10.719.284 della
Monarchia. Le schede dichiarate non valide furono 1.509.735.
Questa è la più efficace fotografia di un paese che rimarrà
sempre spaccato e in continua lotta contro se stesso, invertendo spesso la sua
schizofrenia in eccitazione e tifoseria. Ma c’è da dire una cosa.
Lungi da me fare alte considerazioni di determinismo
geografico secondo cui sono il territorio e il clima a influenzare il carattere di
un popolo ma noto una verità: un territorio così esile e così longitudinale da
accorpare le più varie differenze climatiche, sorvegliato da un mare
imprevedibile che rende gli umori uterini e incostanti, obbligati a convivere
in pochi lembi di terra e condividere sì poco spazio per un così meraviglioso
territorio non poteva che comportarsi secondo questa modalità. Nord e sud sono punti e non aree
distese in larghezza, si baciano così come la campagna e città si uniscono e
dividono a distanze molto brevi tra di loro, montagna e mare si corteggiano in
lunghissimi sguardi che hanno tutta la durata di un Appennino attraverso regioni
e dialetti che si intervallano a distanze strette e quindi? Quindi non può
sussistere un’unità libera, non impositiva e imposta (come una monarchia o dittatura porrebbero) in cui tutto è relativo? No, perché la nostra forza sta proprio in
ciò, in quel relativismo che ci fa tacciare spesso di faciloneria becera agli
occhi degli stranieri.
Dall’aereo si vede sempre: piazza Esedra, Termini e si
riconosce poi il Vittoriano, il Colosseo, San Giovanni in Laterano e si capisce
quanta forza ha avuto questo nostro popolo nei secoli. Una forza di
imposizione, di costruzione e di perseveranza negli obiettivi poi persi lungo
la scia della lascivia che impone la convivenza stretta e costretta: o si passa
sopra le cose o si diventa matti. E allora noi chi siamo? Siamo le idee
colorate che gli altri stati ci invidiano, siamo lo studio insistente sul culto
dell’esteta e del grande ingegnere. E siamo una Repubblica faticata ma
raggiunta come tutti i grandi obiettivi che ci siamo imposti.
Buon Ascolto alla nostra mutlietnicità interna, risorsa.
Miriam Di Carlo
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