venerdì 24 febbraio 2012

IL MAGMA DELLA DISINFORMAZIONE.

Quante volte abbiamo pensato a distaccarci completamente dalla realtà per poterla analizzare meglio. Potremmo benissimo fare come Cosimo Piave di Rondò, il Barone Rampante di cui scrive Italo Calvino. Cosimo, a dodici anni, era salito su un albero per protestare contro il padre e la sua famiglia; si era convinto a non scendere più, e, dopo che si era appassionato alla lettura, aveva imparato a guardare ciò che lo circondava con acume critico e con il distacco di chi guarda le cose da lontano.

Quante volte ci è capitato di ingrandire troppo una foto a computer da vedere bene i pixel ma da non capire che cosa abbiamo fotografato? Quante volte, immersi sott'acqua in una piscina, non siamo riusciti a renderci conto di quanto fosse lunga la vasca? Un approccio epistemologico con la realtà può essere possibile solo con il distacco; e quando non è possibile allontanarsi con la mente dal nostro ambiente, è utile uno sforzo per comprendere come la realtà possa essere vista da un altro punto di riferimento. Esistono due tipi di tempo: uno psicologico, che è quello di cui ciascuno di noi fa esperienza ogni giorno, ed uno fisico, che dipende dall'osservatore empirico. Ebbene anche per elaborare la natura delle cose e della realtà in cui viviamo si necessita di un osservatore, che sia distaccato e quanto più critico possibile.

E' sempre utile un'analisi approfondita della società in cui viviamo, una dimensione non solo dominata dall'inflazione di informazioni che disinformano e dall'eccesso comunicativo di radio, televisione e di internet, che spesso ha ben poco da comunicare. La scienza della comunicazione, in questo frangente, rischia di diventare uno studio vuoto, di formazione professionale volta a diffondere tecniche inutili a chi non ha nulla da comunicare. La televisione, tra i mass media, è quella che meno informa. Per Raiuno il mondo è rimasto quello di trenta o quaranta anni fa: sembra non essere mai avvenuta la rivoluzione tecnologica e di internet. I programmi rimangono sempre gli stessi. Fiction edulcorate e piene di falsità storiche e sociali, trasmissioni di intrattenimento in cui sono invitati cantanti come Orietta Berti, Raimondo Vianello, Ornella Vanoni, che rappresentano la tradizione popolare conformista degli anni Sessanta. Telegiornali come il Tg1, in cui si danno 5 minuti di spazio alla politica e 25 minuti di spazio a cronache varie e gossip.

E soprattutto talk show che sono pollai in cui pubblico e conduttori dibattano su temi frivoli e di bassissimo spessore culturale. Queste trasmissioni fanno chiacchiere da bar, parlano delle riforme del governo, di temi scottanti dell'attualità come malasanità, immigrazione clandestina e lavoro precario. La vena è solo polemica e non critica, non si intende analizzare i fatti ma solo intrattenere i telespettatori. Così facendo si vendono le piaghe della nostra società come spazi pubblicitari. Messaggi promozionali e spot che fanno da pausa tra questi dibattiti rappresentano non solo il modo per finanziarli, ma l'unico scopo del loro aver luogo. Se queste trasmissioni possono trasmetterci ancora qualcosa, ci comunicano la loro incapacità di comunicare nel magma di informazioni che oggi non solo sono inutili, ma disinformano.


Marco Di Caprio.


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