venerdì 17 maggio 2013

Il caso Kabobo.



In questi giorni la vicenda del "picconatore ghanese" che ha massacrato e ucciso tre persone è ovviamente al centro dell'attenzione mediatica. E' al centro anche di un argomento, quello della violenza e della follia, composto da persone e gesti di tutte le età, colori e nazionalità. E' evidente però che un irregolare che, per motivi che credo nessuno mai comprenderà, uccide così, senza alcun senso, tre ignari cittadini, diventa un caso che alimenta un'ampio ventaglio di emozioni e reazioni. Prima su tutte quella dell'odio e dell'intolleranza, con post e dichiarazioni inneggianti al patriottismo, alla xenofobia e quant'altro. Ora, tolto il fatto che tutti i giorni (compreso stamani) qualcuno perde la brocca e massacra qualcun altro, è altresì evidente che Kabobo è il prodotto di una serie di elementi tuttora tristemente all'avanguardia in Italia. Primo su tutti la marginalità sociale di alcuni soggetti. Esistono persone, tante persone, che vivono ogni giorno nel limbo della dignità, dell'illegalità e della visibilità. Fantasmi spesso costretti a nascondere le proprie vite perché l'ineguaglianza sociale li ha relegati in uno spicchio di società dove tutto è permesso purché nessuno ti veda. E ci sono donne, bambini, adulti, laureati, vecchi, gente che lavora nei campi e che viene assistita da Emergency o da Medici Senza Frontiere, analogamente a quanto avviene in quello che noi usiamo chiamare "terzo mondo". In loro si nascondono tanti Kabobo, gente con problemi mentali o di legalità, di cui apprendiamo l'esistenza solo dopo tragedie come questa. Un fantasma il suo che s'è materializzato nel peggiore dei modi, ma che poteva essere benissimo uno dei tanti fantasmi che si materializzano in una ragazza stuprata ed uccisa, in un feto ritrovato in un cassonetto, in tante storie di schiavitù di persone attratte da una vita migliore e invece proiettate nel girone dantesco dell'invisibilità sociale. La prima cosa che mi sono chiesto dopo la tragedia di Milano è perché mai una persona conosciuta per la sua instabilità mentale, per precedenti di aggressioni e rapina, già colpita da diversi provvedimenti di espulsione, sia libera di aggirarsi per una città qualsiasi ed uccidere persone qualsiasi. Me lo sono chiesto perché nel corso degli anni ho sentito tanti sermoni, spesso al limite dell'intolleranza, che parlano di controlli, telecamere e tolleranza zero. Tutte cose inutili e dannose se non si inizia a pronunciare la parola INTEGRAZIONE. Tutte cose che continuano ad essere soltanto legalità di facciata dietro la quale si nascondono le storie di cui sopra. Tutte cose che dipingono in maniera perfetta la grande ipocrisia della società italiana, dove si preferisce nascondere storie come Kabobo, cercando di far finta che non esistono, sperando che siano bombe che non esplodono. Si continua a preferire tutto ciò invece rimboccarsi le maniche, prendersi qualche responsabilità ed accorgersi che la società del 2013 non è più quella di 30 o 40 fa e che accomunare il reato al colore della pelle o alla nazionalità ci porterà in un baratro dal quale non usciremo più.
Mauro Presciutti

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