In questi giorni la vicenda del "picconatore
ghanese" che ha massacrato e ucciso tre persone è ovviamente al centro
dell'attenzione mediatica. E' al centro anche di un argomento, quello della
violenza e della follia, composto da persone e gesti di tutte le età, colori e
nazionalità. E' evidente però che un irregolare che, per motivi che credo
nessuno mai comprenderà, uccide così, senza alcun senso, tre ignari cittadini,
diventa un caso che alimenta un'ampio ventaglio di emozioni e reazioni. Prima
su tutte quella dell'odio e dell'intolleranza, con post e dichiarazioni
inneggianti al patriottismo, alla xenofobia e quant'altro. Ora, tolto il fatto
che tutti i giorni (compreso stamani) qualcuno perde la brocca e massacra
qualcun altro, è altresì evidente che Kabobo è il prodotto di una serie di
elementi tuttora tristemente all'avanguardia in Italia. Primo su tutti la
marginalità sociale di alcuni soggetti. Esistono persone, tante persone, che
vivono ogni giorno nel limbo della dignità, dell'illegalità e della visibilità.
Fantasmi spesso costretti a nascondere le proprie vite perché l'ineguaglianza
sociale li ha relegati in uno spicchio di società dove tutto è permesso purché
nessuno ti veda. E ci sono donne, bambini, adulti, laureati, vecchi, gente che
lavora nei campi e che viene assistita da Emergency o da Medici Senza
Frontiere, analogamente a quanto avviene in quello che noi usiamo chiamare
"terzo mondo". In loro si nascondono tanti Kabobo, gente con problemi
mentali o di legalità, di cui apprendiamo l'esistenza solo dopo tragedie come
questa. Un fantasma il suo che s'è materializzato nel peggiore dei modi, ma che
poteva essere benissimo uno dei tanti fantasmi che si materializzano in una
ragazza stuprata ed uccisa, in un feto ritrovato in un cassonetto, in tante
storie di schiavitù di persone attratte da una vita migliore e invece
proiettate nel girone dantesco dell'invisibilità sociale. La prima cosa che mi
sono chiesto dopo la tragedia di Milano è perché mai una persona conosciuta per
la sua instabilità mentale, per precedenti di aggressioni e rapina, già colpita
da diversi provvedimenti di espulsione, sia libera di aggirarsi per una città
qualsiasi ed uccidere persone qualsiasi. Me lo sono chiesto perché nel corso
degli anni ho sentito tanti sermoni, spesso al limite dell'intolleranza, che
parlano di controlli, telecamere e tolleranza zero. Tutte cose inutili e
dannose se non si inizia a pronunciare la parola INTEGRAZIONE. Tutte cose che
continuano ad essere soltanto legalità di facciata dietro la quale si nascondono
le storie di cui sopra. Tutte cose che dipingono in maniera perfetta la grande
ipocrisia della società italiana, dove si preferisce nascondere storie come
Kabobo, cercando di far finta che non esistono, sperando che siano bombe che
non esplodono. Si continua a preferire tutto ciò invece rimboccarsi le maniche,
prendersi qualche responsabilità ed accorgersi che la società del 2013 non è
più quella di 30 o 40 fa e che accomunare il reato al colore della pelle o alla
nazionalità ci porterà in un baratro dal quale non usciremo più.
Mauro Presciutti
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