lunedì 13 maggio 2013

Twitto ergo sum: Dinamica della piattaforma dove ognuno si crede il centro del mondo.


Immaginate per un momento un uomo che spara ad un altro uomo; ecco, ora pensate se nella sentenza del processo il giudice decidesse di condannare non l’uomo che ha sparato, ma la pistola.

Questa assurdità è esattamente la vanesia idea che viene strombazzata ai quattro venti da chi, ciclicamente, ripresentandosi alla cronanca problemi e contraddizioni dell’universo del web, dà la colpa ora a facebook, ora a twitter, ora alla fantomatica, dibolica ed incontrollabile “rete”.

Ogni fenomeno sociale si spega attraverso le ragioni e le cause che l’hanno originato, non attraverso i mezzi che lo trasmettono.

Per carità, internet e social network sono strumenti potentissimi, basta un niente e una palla di neve si trasforma in una valanga. Ma davvero possiamo continuare a pensare che il problema sia il megafono, e non il tizio che ci urla dentro?
Allora il problema è sempre lo stesso, l’educazione.

Educazione in senso stretto è quell’insieme di regole di buona creanza come “non appoggiare i gomiti sul tavolo mentre mangi”, oppure “metti la mano davanti la bocca quando sbadigli”. Seppure possa essere considerata una piaga sociale il dover ammirare le tonsille di chi ci sta di fronte, non è questa “l’educazione” di cui stiamo parlando.

In senso lato, l’educazione è l’isieme delle regole del viver civile, nel rispetto degli altri. Alle elementari, quei pochi fortunati che hanno potuto fruire qualche lezioncina di eduazione civica, avranno sicuramente appreso il concetto per cui “la propria libertà finisce laddove inizia quella degli altri”.

Bene, questo tipo di educazione è diventata merce rara, oggi, nell’Italia di inizio millennio. Non che sia necessaria la laurea per avere una basilare educazione civica. In fondo basta un poco far funzionare quell misterioso organo collacato nella calotta cranica, facilmente individuabile perchè posto tra le due orecchie.

È così, che, a causa di un abbandono dell’uso di massa della ragione in favore dell’istinto (maledetto istinto…), twitter, il più social dei social, si trasforma nella piazza dove tutti inveiscono contro tutti. Ma non è tutto: la cosa più divertente è che nessuno ascolta nessuno! Avrebbe potuto Plauto inventarsi una commedia degli equivoci migliore?

Ecco qui, davanti ai nostri occhi, la proiezione plastica e virtuale di una società snob (twitter è estremamente snob) ed egocentrica, dove si esiste solo se si cinguetta (in tempi non sospetti avremmo detto “parla di cazzate”). Su Twitter valore dell’opinione è dato semplicemente dal fatto che “l’opinione è mia”. È chi non è d’accordo non capisce un tubo.

Nel mio modestissimo parere, il dialogo e la comunicazione servono per trovare punti d’incontro, non per convincere e/o inveire contro altre posizioni.
Ma il cervello, per adesso non va di moda. Ha molto più successo l’ormone.

Ps. Un tweet ha al massimo 140 caratteri: uno spazio sufficiente per un commento o una battuta, non per una discussione. Voi usereste mai un cucchiaio per mangiare gli spaghetti?

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