Una costellazione al contrario ho incontrato. Dall’aereo, di
mattina il mare conta costellazioni di barche fissate, attaccate e attraccate
intente a pescare. Dall’alto sembrano tanto immote, ma immagino che all’interno
un gran brulicare di affari, fatti e persone invada lo spazio angusto tipico
della nave. Ma io sto in aereo, spazio angusto anche qui, costretti e stretti
come uomini in piccola struttura ma dividendo percentuale calibrata di pesi,
misure e bagagli di esperienza stipati nel corpo di ciascuno. La mia gita a Valencia termina qui, questo
lunedi di Maggio e tornerà ciclicamente riaffermando e aumentando un piccolo
passo. Il valzer di Hegel: tre passi del valzer per Hegel, uno (tesi), due
(antitesi: il piede destro va lontano dal sinistro) e sintesi (unione dei piedi
nell’abbraccio sovrastante). Un po’ come la nostra politica.
Come promesso riporto un piccolo reportage fotografico di
uno dei mercati che ho visitato. Il Mercat Central di Valencia è altra cosa: è
permanente, è difficile da penetrare sia per gli odori a volte nauseabondi, sia
per i colori troppo abbaglianti sia soprattutto per la copiosità delle persone.
Una selva colorata da intagliare con gli occhi. Ho preferito proporvi il
mercato di Algemesì: paese di provincia valenciana, che conta 30000 abitanti
circa. E’ conosciuto per la coltivazione di arance: circa 45 tipologie che fioriscono,
profumano e marciscono in periodi diversi dell’anno. La cooperativa di Algemesì
raccoglie e invia in tutta Europa con indirizzi che recano parole tedesche,
inglesi, francesi, italiane, e chi più ne ha più ne metta. Se si va per la
campagna durante il periodo di aprile si rischia un’ubriacatura da profumo di
zagare che può essere paragonata a quella da vodka[1]
La caratteristica dei mercati spagnoli è la frutta: terribilmente enorme e dai colori surreali tanto che credo a volte di vivere in un quadro di Dalì [2]. Sono pressocchè sicura che usino OGM e wikipedia conferma, la cosa mi rattrista perché è come guardare una signora molto bella che piano piano avanzando, mostra labbra rifatte a canotto: un umorismo pirandelliano tutto contemporaneo in cui l’uomo, la cui attenzione bisogna mantenere viva, nient’altro è che il nostro capriccio allevato dalla globalizzazione e dall’apparenza consumistica.
La caratteristica dei mercati spagnoli è la frutta: terribilmente enorme e dai colori surreali tanto che credo a volte di vivere in un quadro di Dalì [2]. Sono pressocchè sicura che usino OGM e wikipedia conferma, la cosa mi rattrista perché è come guardare una signora molto bella che piano piano avanzando, mostra labbra rifatte a canotto: un umorismo pirandelliano tutto contemporaneo in cui l’uomo, la cui attenzione bisogna mantenere viva, nient’altro è che il nostro capriccio allevato dalla globalizzazione e dall’apparenza consumistica.
Propongo questa foto di fragole ma si consideri che in
questo periodo si vendono anche ciliegie, uva ma soprattutto cocomero dalla forma
sferica e dal color esterno nero [3]
, melone giallo (dalla buccia verde scuro), pesche percoche [4]
e frutta invernale che ormai appare come pelle morta del passato. Insomma, il venditore, sebbene la mole non proprio aggraziata, ha grande delicatezza nel curare le sue creature e le vende ben collocate in piccoli canestri dalla forma quadrata. Quando si dice che è un Principe: “Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma: oggi è stata ‘na piuma”[5].
, melone giallo (dalla buccia verde scuro), pesche percoche [4]
e frutta invernale che ormai appare come pelle morta del passato. Insomma, il venditore, sebbene la mole non proprio aggraziata, ha grande delicatezza nel curare le sue creature e le vende ben collocate in piccoli canestri dalla forma quadrata. Quando si dice che è un Principe: “Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma: oggi è stata ‘na piuma”[5].
Guardate, comprerei pure quelle pesche che stanno vicino ai
porri mefitici, ma soprattutto quelle ciliegie: per chi mi conosce sa quanto io
le ami, frutto umile nella dimensione ma denso nel sapore, unico nella sua
condizione poiché necessita acuto denocciolatore, che si spera sia il semplice
mangiatore. Las cerezas son baratas: 3.20 al chilo, in Italia con il doppio
degli euri ci compri un canestrello di noccioli. Così come pure le pesche, con
il doppio ( a volte il triplo) ti fai due peschette con il pelo cui togli
buccia e nocciolo ricavando solo 1/3 del peso complessivo. Insomma gli OGM
hanno i loro perché ma sinceramente, provenendo da paese contadino in cui mio
padre ha sempre portato a casa pesche sbilenche e fragole uscite da un film
horror ma dal sapore 30 volte più forte, denso e deciso di ciò che ho
assaggiato in Spagna, preferisco la salutare bruttura all’apparente esuberanza
scialba.
I carciofi vanno al chilo e non al “fiore”, come le buffe
taccole ovvero i meravigliosi fagioli corallo con cui si fa la paella, e i
pomodori transgenici che sembrano palloni da rugby: che dire? Bellissimi e
abbaglianti.
Rimango sempre colpita, positivamente stavolta, da queste
bancarelle dal sapore antico: sacchi di iuta che contengono spezie e sapori un
po’ invisi ai giovani: in particolare quei fagioloni grandi che vedete sulla
sinistra vengono messi nella paella e sono deliziosi[6].
Altra cosa che mi ha messo sempre molta curiosità sono le
uova. A parte il fatto che le famiglie in cui ho alloggiato questi anni usano mangiare
una decina di uova a testa a settimana per persona, la particolarità risiede
nel colore bianco del guscio. Ho chiesto a mio padre e mi ha detto che il
colore può dipendere sia dal mangime che dalla razza della gallina: le galline
livornesi fanno le uova dal guscio bianco mentre le padovane color mattone.
Ora, sul perché in Spagna e all’estero ci siano più galline livornesi che
padovane chiedetelo ai successori di Carlo Cannella. Anche gli asparagi dentro
ai vasi di vetro sono bianchi mentre la curiosità linguistica viene dal miele
(lo vedete sulla destra e in particolare quello è miele di rosmarino:
buonissimo). Il miele, il latte, il sale, se in italiano sono tutti di genere
maschile in spagnolo sono tutti di genere femminile: la miel, la sal, la leche[7], segno
che questi cibi portano con se’ un significato materno, di protezione e di
dolcezza e di sapidità.
Passiamo così ai dolci. Devo essere sincera che non ne ho
mangiati di buonissimi. C’è il brazo del gitano (il braccio del gitano) che è
un rotolo di pan di spagna ottenuto con 12 uova su cui si spande panna e poi si
arrotola creando così un rotolo che infonde un senso di forza e possenza. Poi i
dolci sono più presi dalla tradizione inglese e americana (cupcakes, brownies
ecc) mentre IN OGNI DOVE è un tripudio di CHUCHES: caramelle gommose dal prezzo
super economico. Un pacco da un chilo assortito costa da un minimo di 3 euro
(al mercato) a un massino di 4.50 se vai in uno dei negozi che caratterizzano
le vie di paesi e città. Solo per questo, 90 punti a Grifondoro! Altrimenti,
spesso vi potete imbattere in una di queste bancarelle che mostra come
mercanzia dolcetti ben impacchettati e sempre attraenti, solo per palati assai
golosi e curiosi.
Questa volta, rispetto a tutti gli altri sabato in cui viene
allestito il mercato settimanale ad Algemesì, spiccano due stands differenti
che, proprio per la loro peculiarità carpisono l’attenzione di molti passanti.
Uno stand, è quello tipico che si incontra nei mercatini delle pulci che
cercano di valorizzare il vintage, il riuso e il collezionismo da “sepolti in
casa”: vecchie riviste, con date anche non molto remote[8]
. Ma senza porsi troppe domande dal sapore campanilistico e nazionalistico che rivelano solo l’inadeguatezza dell’osservatore, passiamo allo stand immediatamente successivo: una tipica esposizione di paramenti tradizionali da toreador. Chi sia Jorge Exposito non saprei ma sicuro che è bravo. Infine questi reportage sono così sommari, così vuoti che avrei molte molte e più esperienze da raccontarvi, da farvi assaporare di questa Spagna, di questa Roma, con incontri di uomini, ognuno con la propria storia: per la strada non sono persone che camminano ma storie viventi che lasciano scie parlanti. Ti toccano, le senti vibrare e fuggono via, al pari di tante tangenti impazzite come vettori in moto centrifugo.
. Ma senza porsi troppe domande dal sapore campanilistico e nazionalistico che rivelano solo l’inadeguatezza dell’osservatore, passiamo allo stand immediatamente successivo: una tipica esposizione di paramenti tradizionali da toreador. Chi sia Jorge Exposito non saprei ma sicuro che è bravo. Infine questi reportage sono così sommari, così vuoti che avrei molte molte e più esperienze da raccontarvi, da farvi assaporare di questa Spagna, di questa Roma, con incontri di uomini, ognuno con la propria storia: per la strada non sono persone che camminano ma storie viventi che lasciano scie parlanti. Ti toccano, le senti vibrare e fuggono via, al pari di tante tangenti impazzite come vettori in moto centrifugo.
Miriam Di Carlo
[1]Se vi
fidate di una che non si è mai ubriacata veramente, meglio per voi.
[2]Ma
guarda caso anche Dalì abitava non molto lontano! Toh, coincidenze.
[3]MI
rammarico di non aver fatto foto ma appena l’ho visto me lo son mangiato senza
pensare troppo: scusasse.
[4]Algemesì
è produttrice di pesche e kaki vanigliati duri che vengono posti dentro grandi
vasi con alcool al fine di mantenerli duri e dolci per tutto l’inverno: io non
li amo molto anche perché, parafrasandomi, va contro la Marcuzzi e il bifidus,
effetto opposto in campo straniero significa uomo morto che cammina nel Miglio
verde del bagno. Vabbè sciolgo l’allegoria e dico solo: stitichezza.
[6] Se li
fate alla romana, ovvero in umido con rosmarino e olio li dovrete ribattezzare
fagiuoli al pellicano e non più all’uccelletto.
[7]Curiosità dentro la curiosità anche la parolaccia “Cazzo” trova il suo
corrispettivo in spagnolo nella parolaccia “Cono” che sarebbe la vulva detta al
maschile: una perversione che ha due versanti di interpretazione, a mio avviso.
La prima è che la parolaccia non sia il membro maschile ma la vulva, segno che
la donna è sicuramente più libertina rispetto all’Italia. Infatti noi diciamo
“Ca***” perché abbiamo una società linguisticamente basata sul maschile (ne
faremo un approfondimento a parte). Gli spagnoli si dirigono verso la femmina
(e non donna) ma chiamano ciò che attrae della donna con un genere maschile per
indicare che è la visione che hanno gli uomini di quell’oggetto. Quindi in fin
dei conti meglio accontentarci del nostro “ca***” zitti e chiotti.
[8]E qui
viene l’interrogativo? Perché vendere numeri passati di giornali di
pettegolezzi che risalgono ad un anno prima o qualche mese prima? Per vedere
che faceva il re di Spagna in inverno, per ricordarsi se Nadal aveva fidanzata
o no? Non so.
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