Leggo con interesse la critica che il giornalista televisivo
de “Il Fatto” ha pubblicato circa il format “Gazebo” in onda il martedì,
mercoledì e giovedì in seconda serata su Rai3. Premetto onestamente, che
seguivo Zoro solamente in “Parla con lei”, rimanendo rapita dai video sulle
diverse anime del Pd. Quindi salvo il Blog di Diego Bianchi e questi passati
esperimenti televisivi, non posso fare un confronto a 360°: ma proprio per questo
la mia testimonianza potrebbe essere maggiormente valida.
Il titolo di Domenico Naso già esordisce con un paragone che
forse, tranne la fascia oraria, non regge: Gazebo come Porta a Porta ma di
sinistra. Porta a porta è tutt’altra cosa: nello studio di Vespa sono invitati
esponenti politici e il vero fulcro è il talk show politico, che ospitò un
tempo anche Berlusconi e Prodi. In Gazebo non c’è alcun talk show: non si
assiste all’accavallarsi di voci, di discorsi, di scontri verbali e non. Il
format di Bianchi, Salerno, Sofi, D’Ambrosio (in arte Makkox), non nasce dal
gusto per il diverbio improvvisato ma nasce come un giornale televisivo, per
chi non l’avesse capito. E’ una testata giornalistica, con tanto di vignetta
satirica (al posto di Altan): c’è spazio per il reportage, per l’indagine che
potrebbe sembrare distorta e grottesca ma che rivela quanto sia paradossalmente
reale (Mirko Matteucci: e posso testimoniare che la fauna che tocca
tangenzialmente i vari taxi rappresenta un campionario variopinto e quanto mai
ideale del paese, sia con una visione interna proveniente dalle varie Italie,
sia con una visione esterna proveniente dall’Estero), c’è posto per un commento
pacato, irriverente ma non troppo, veritiero ma mai pregno di quell’autocommiserazione
rasente il suicidio di cui il M5S tanto taccia il PD: una trasmissione garbata,
la definirei. Forse lontana dall’ANTI-garbo e intemperanza cui siamo stati abituati
dalle ultime elezioni. Certo, i simbolismi, le ironie e i significati lasciati
all’intelligenza dello spettatore non possono essere capiti da tutti ma ecco,
io vengo da Viterbo, in realtà da un paesino della provincia di Viterbo e posso
dire che mi piacciono, mi coinvolgono perché riescono a dissacrare senza
inveire o mandare a cagare per forza.
Altra punta di diamante oltre Makkox e i reportage, sono le
social top ten di cui, proprio gli accaniti sostenitori della democrazia
liquida, dovrebbero riconoscerne l’importanza e presente e futura. Non solo per
la potenza mediatica ma soprattutto per la contropartita e il lato oscuro del
tweet: l’incapacità comunicativa, il lapsus, la coerenza si manifesta in
maniera patente nel cinguettio lanciato. A volte più che un cinguettio un
vero e proprio latrato cacofonico.
Infine proprio la seconda serata assicura al programma quel
tanto di protezione necessaria: se fosse stata una prima serata sarebbe stata
azzardata, ma la seconda serata fa sì che gli aficionados, gli ironici e sagaci
possano lottare con la loro narcolessia pur di assistere alla politica
in&out dei Palazzi. Questo programma è nato così, come interazione di
media, come osmosi della comunicazione ed è potenzialmente una bomba mediatica:
sta ai produttori mantenere questo tenore sempre alto e non disattendere quei
fedelissimi che stanno sempre diventando più numerosi, precettati dalle battute
salaci di Zoro non solo a Roma ma pian piano anche nelle altre Italie. E se si
contesta il personaggio di Diego Bianchi bisogna anche vedere che il programma
è basato su di lui, sulle sue idee ma anche su altre anime che rendono la
trasmissione una testata giornalistica polifonica con tanto di intrattenimento culturale
dato dalla musica di Angelini. Il reportage è Zoro, la cornice ha essenzialità
solo nel momento in cui si hanno i cammei delle varie anime che spuntano nella trasmissione
straniandone i punti di vista, accolti come arricchimento e non come diversità
estranea.
Miriam Di Carlo